lunedì 19 giugno 2017

Lo sciamanesimo Inuit

Lo sciamanesimo eschimese (o meglio, inuit) è una delle più importanti tipologie di sciamanismo. Esso si estende in un‟ampia zona geografica che va dal Canada all'Alaska, dalla Groenlandia all'Asia. In realtà abbiamo a che fare con diversi tipi di sciamanismo eschimese. Ne tratteremo alcuni, concentrandoci soprattutto su: il divenire sciamani, la chiamata, l‟iniziazione, la funzione dello sciamano all'interno della sua comunità, i suoi poteri e le sue capacità, i viaggi sciamanici e i fenomeni ad essi connessi, il rapporto con gli spiriti, il modo peculiare dello sciamano di "vivere il mondo", le tre regioni dei morti con cui lo sciamano ha contatto.

Diciamo subito che la parola "eschimesi" è ritenuta offensiva. Perché? Il fatto è che quelli che noi chiamiamo eschimesi, in realtà non si chiamano essi stessi eschimesi. "Eschimesi" è una parola indiana (d‟America, ovviamente!) del popolo Cree che significa "mangiatori di carne cruda". Insomma: è un termine dispregiativo, che negli studi antropologici non è più usato ormai da un po' di tempo. Il termine esatto è dunque "Inuit", che significa "popolo" nella lingua inuktiut.
In realtà quindi si deve parlare – più correttamente – di sciamanesimo inuit.
Poi, facciamo un'altra precisazione di una certa importanza direi. Non dobbiamo pensare – quando parliamo del popolo Inuit – di una etnia geograficamente ben delimitata, uniforme nelle sue credenze, nelle sue usanze, ecc. Anche qui – purtroppo – le cose sono un po' più complicate di quanto si potrebbe pensare. Cioè: ci sono diversi tipi di popoli inuit: in Canada, in Alaska, nella Groenlandia, nell'Asia. E quindi ogni popolo avrà specifiche sue proprie, anche naturalmente per quanto riguarda la religione. Questa è una cosa da tenere a mente quando parleremo di sciamanesimo: non tutti gli inuit credono nelle stesse cose, hanno gli stessi riti, ecc.
Una caratteristica degli inuit, che è propria – a dir la verità – ad ogni cultura "primitiva", tradizionale, è la loro praticità. Praticità nel senso che l'importante è soprattutto il presente. Non c'è tanto la ricerca metafisica della origine primordiale, dei destini dell‟anima dopo la morte, del destino degli uomini; oppure: quando c'è, questa è strettamente legata ad esigenze della vita presente. Le cose importanti sono qui, in questo mondo, in quello che in esso accade. Non esiste una supernatura, sede di ciò che è spirituale, divino, ecc. Tutto è natura e tutto è nella natura: gli dei, gli spiriti non sono trascendenti, ma immanenti. Quando si parla di dio del cielo, della foresta, spirito del tal albero, del tal luogo… non si stanno usando delle metafore, dei simboli: si vuole veramente dire quello che indicano queste parole. La realtà va dunque conosciuta, per potere risolvere i problemi che si presentano nella vita comunitaria e individuale. Quando Rasmussen, uno dei primi antropologi a fare ricerca sul campo tra gli inuit, chiese alla sua guida inuit in cosa credesse, gli venne risposto: “Noi non crediamo, noi abbiamo paura”.
Detto questo, cominciamo a parlare dello sciamano nella cultura inuit. La parola per indicare lo sciamano nella lingua degli inuit è Angakok. Chi è? È il dottore, il consigliere, il guaritore. Però, attenzione: non è il capo della tribù. Capo della tribù è la persona più anziana, quella considerata con maggiore esperienza, soprattutto esperienza nella caccia, cioè nel procurare il cibo e quindi assicurare la sopravvivenza della comunità. Un'altra cosa: a volte alcuni pensano allo sciamano al singolare, ma non è sempre vero. Nel caso degli inuit, in uno stesso villaggio possono esserci più sciamani. Adesso, non vorrei fare dei paragoni troppo azzardati e che trovano il tempo che trovano, però pensiamo agli sciamani come a dei medici. C'è medico e medico, chi bravo chi meno, chi specialista in un campo chi in un altro: ecco, un analogo discorso lo si può fare per gli sciamani. Un altro elemento che troviamo nella cultura inuit: non è detto che gli sciamani siano solo uomini; ci sono casi anche di sciamane. Questa caratteristica, certo, non è esclusiva dello sciamanesimo inuit, ma non è neppure presente in tutti i tipi di sciamanesimo.
Adesso però entriamo nel merito della carriera dello sciamano. Prima di tutto: chi può diventare sciamano? Dipende. Dipende dal popolo inuit con cui abbiamo a che fare. Prendiamo il caso degli eschimesi Ammasilik. Tra gli ammasililk è lo sciamano che decide chi può e chi non può diventare sciamano. Il futuro sciamano viene scelto ancora giovane. Il problema che ci si pone è duplice: da una parte la necessità che le conoscenze detenute dallo sciamano anziano possano essere mantenute per le generazioni a venire; dall'altra l‟esigenza di formare il futuro sciamano fin da giovane, potendo meglio incidere sulla sua personalità, sulla sua crescita. Naturalmente ci sono delle caratteristiche nel ragazzo e che indurranno lo sciamano a scegliere proprio lui tra i molti. Queste caratteristiche sono varie: l‟isteria, la predilezione della solitudine, la visionarietà, i contenuti dei sogni, la nascita in certi luoghi considerati "di potere", i segni sul corpo, lo sguardo, ecc. Lo sciamano anziano non si impegna a formare il futuro sciamano in modo totalmente gratuito: egli viene pagato, facendo parte del suo lavoro. Inoltre lo stesso maestro sciamano non tiene dietro ad un solo ragazzo, ma può – spesso – avere sotto di sé diversi ragazzi da formare.
Ci sarà quindi un periodo più o meno lungo di indottrinamento del futuro sciamano da parte dello sciamano anziano, nell'isolamento più completo. I luoghi variano da tradizione inuit a tradizione inuit, da sciamano a sciamano: tanto per dirne alcuni, la foresta, la montagna, la grotta, la capanna, luoghi insomma ritenuti "altri" dalla vita quotidiana, dalla comunità. In questi luoghi cosa viene insegnato? La mitologia che fa parte della particolare tradizione inuit di cui il ragazzo sarà sciamano, si insegneranno i nomi degli spiriti, le loro caratteristiche, ma soprattutto e prima di tutto si procederà alla realizzazione di quella fase importantissima che viene detta iniziazione. Come spesso accade nelle iniziazioni, anche qui abbiamo a che fare con una o più prove che il futuro sciamano dovrà superare. Nel caso inuit una pratica spesso usata come premessa alla iniziazione è quella dello sfregamento delle pietre. Il ragazzo, in solitudine, viene abbandonato a sfregare una pietra contro l'altra, avendone ognuna in una mano. Spesso non sono pietre comuni, ma di proprietà dello sciamano anziano, o comunque con certe proprietà di forma, colore e durezza. Lo sfregamento continuo (ricordiamoci: stiamo parlando di ore, di giorni) produce uno stato alterato nella coscienza, un affaticamento e obnubilamento psichico notevole.
Durante tutto il periodo di sfregamento delle pietre, il giovane deve osservare tutta una serie di limitazioni nel mangiare, nel bere, nel dormire, nelle sue attività sessuali, ecc.
Uno spirito di potere, spesso l‟animale ritenuto lo spirito dominante in quella particolare cultura inuit, si fa presente e "ucciderà" il ragazzo. È qui che ha inizio il vero e proprio processo di iniziazione: bisogna morire al vecchio uomo per rinascere all'uomo nuovo, tanto per usare le parole di Paolo di Tarso. L'uccisione avverrà in un modo molto "fisico", realistico: l‟animale strapperà la carne del giovane, arriverà allo scheletro e il giovane morirà. In questo momento di morte rituale, psichica, il ragazzo entrerà in uno stato che non appartiene alla veglia e nemmeno al sonno: è un principio di viaggio nell'altro mondo, un mondo non ancora conosciuto, abbastanza anonimo e dai tratti oscuri. Questo stato di morte potrà durare alcune ore, ma anche alcuni giorni. La rinascita avverrà attraverso il ritrovamento da parte del ragazzo della sua carne e dei suoi vestiti: tutto tornerà a lui, ma nulla sarà come prima. Potremmo dire: la stessa pelle, gli stessi vestiti, ma contemporaneamente una pelle diversa, dei vestiti nuovi. La riduzione della persona all'osso non è qualcosa di casuale. Si ritiene che siano le ossa la parte dell‟uomo con maggior potere, da cui proviene – diciamo così – la carica sciamanica. Insomma: nelle ossa sta l‟essenza. Nel periodo di spogliazione del proprio corpo l‟iniziando deve, attraverso uno sforzo di concentrazione prolungato nominare mentalmente (a volte anche vocalmente) ogni singola parte del proprio corpo, ogni suo osso, utilizzando un linguaggio speciale, insegnatogli dal suo maestro.
Ma il giovane sciamano, arrivato a questo punto, ha solamente iniziato la sua preparazione. Certo, l‟iniziazione vera e propria, la dura prova è stata superata, ma il suo percorso è ancora lungo. Soprattutto lo sciamano deve acquisire la conoscenza, una conoscenza non solo teorica ma assai personale, diretta, vissuta, dei diversi spiriti ausiliari che gli saranno di estremo aiuto nel suo "lavoro‟ da sciamano. Più uno sciamano ha esperienza di questi spiriti, più ne conosce e più sarà potente. Le pietre da sfregare non vengono abbandonate, ma si continua a sfregarle nella ricerca degli spiriti. Questa ricerca va avanti per degli anni, anche se limitata ad una parte dell'anno, spesso una stagione. Lo stesso ragazzo, una volta iniziato, potrà fare esperienza con diversi sciamani della sua comunità. Passare da un maestro all'altro gli permetterà di venire a conoscenza e di praticare tecniche nuove e soprattutto gli consentirà di "aggiungere‟ nuovi spiriti ausiliari al suo "bagaglio‟.
Ora abbiamo parlato di ciò che avviene nel reclutamento di un nuovo sciamano nello sciamanismo ammasilik. E abbiamo anticipato: non in ogni cultura inuit accade la stessa cosa. Infatti ci sono altri tipi di sciamanismo inuit in cui non è lo sciamano anziano a scegliere chi diventerà nuovo sciamano, ma è il giovane che si fa avanti. Prendiamo l'esempio dello sciamanismo Iglulik. In questo caso colui il quale aspira a divenire sciamano si presenta al maestro sciamano, spesso con un dono e dichiarando la sua volontà. Perché un giovane vuole diventare sciamano? Be', ovviamente c'è un aspetto sociale da tenere conto nella carica di sciamano: cioè lo sciamano è rispettato, onorato, a volte ben pagato. Nella struttura della comunità, egli è in una posizione di un certo prestigio, quindi in una posizione auspicabile secondo alcuni. Poi a volte ci sono segnali (spesso sogni o visioni in stato di veglia) che inducono il giovane a sospettare che agisca in sé una chiamata sciamanica. Altre volte c'è il desiderio fortemente sentito di divenire capace di entrare nell'altro mondo, di accedere alla dimensione degli spiriti, di potere "vedere‟ – come a volte si dice.
Una volta che il giovane fa la sua richiesta al maestro sciamano, quest'ultimo si ritira ad interrogare gli spiriti: è bene accettare la richiesta di questo giovane? C‟è qualcosa in lui che si oppone alla sua volontà di diventare sciamano? Vanno risolti alcuni problemi che si interpongono al suo discepolato? Il secondo passo è che il giovane si purifichi: questo avviene attraverso tutta una serie di pratiche, di ritualità, a volte si procede anche con una vera e propria confessione delle colpe commesse e a volte a questa confessione partecipa anche la famiglia del ragazzo. Poi c'è un periodo di istruzione in senso stretto da parte del maestro all'allievo: in questo periodo (più o meno una settimana) l'allievo si reca dal maestro ogni giorno, in momenti fissati della giornata (per esempio all'alba, al picco del sole, al tramonto, prima di coricarsi), e si attiene a un tipo di vita castigato (così come abbiamo visto per lo sciamanesimo ammalik). Terminato questo periodo, il giovane dovrà proseguire il suo percorso in solitudine e concentrazione. Arrivato il momento in cui il maestro sciamano ritiene l'allievo pronto all'iniziazione, quest‟ultimo viene sottoposto – anche qui - ad una specie di "morte rituale‟. In questo caso però è il maestro stesso a disintegrare la persona del giovane. Egli mima una specie di prelievo della parte animica presente nel corpo del giovane: la preleva dalla pancia, dal sesso, dalla testa, dagli occhi, dalla bocca. Teatralizza, drammatizza una vera e propria operazione chirurgica in cui si procede ad una sorta di estrazione. Ricordiamoci che una delle più importanti, anzi possiamo dire: l'essenziale capacità che caratterizza lo sciamano è quella di compiere viaggi con la sua anima. Dunque in questa iniziazione si induce al nuovo sciamano questa capacità, la prima volta quindi coadiuvata dal maestro. Ed è anche una specie di presentazione dell'anima del nuovo sciamano agli spiriti; come dire: ecco l‟anima che verrà a far visita nel vostro regno, accoglietela. In ultimo, il maestro sciamano trasmette al suo allievo il qaumaneq, la luce, l'illuminazione, il lampo. Anche qui, ovviamente, c'è un iter più o meno lungo, cui si deve sottoporre il giovane per ottenere questa luce. Soprattutto egli deve stare per lungo tempo in stato di contemplazione degli spiriti, di apertura – diciamo così, di invocazione. Il momento in cui il qaumaneq gli viene trasmesso dal mondo degli spiriti (spesso dallo spirito della Luna) è un momento speciale, in cui accadono eventi che possiamo chiamare miracolosi. Egli si sente salire in cielo, vede le cose dall'alto, ha la sensazione di vedere a 360 gradi, ecc. Questo fuoco viene trasmesso all'interno del corpo del giovane sciamano, ed è grazie ad esso che lo sciamano è capace di "vedere‟ ciò che gli altri non vedono. È qualcosa di molto sentito fisicamente dallo sciamano: cioè non è puramente spirituale, ma una presenza reale che lo sciamano sente dentro il suo corpo, a volte localizzata in certi punti come gli occhi o la gola o sotto l'ombelico, a volte distribuita dappertutto. Grazie al qaumaneq, lo sciamano riesce a vedere a distanza, nel buio, riesce a conoscere eventi passati e futuri, i pensieri delle persone, ecc. Insomma tutto ciò che significa "vedere‟ in senso proprio e in senso metaforico.
Ma la capacità più importante che lo sciamano riceve attraverso il qaumaneq è quella di vedere le anime o i frammenti di anima che sono state rubati.
Quand'è che si va a consultare uno sciamano? In diverse occasioni, naturalmente. Soprattutto per una guarigione, oppure per avere una buona caccia, o ancora per propiziarsi il bel tempo, per eliminare la causa di una sterilità, e altro. Secondo la cultura inuit qual è il motivo di una malattia? Perché si è violato un tabù, si è fatto qualcosa che non si doveva fare oppure non si è fatto qualcosa che si doveva fare. In questo caso bisogna procedere ad un rito collettivo nel quale l‟intera comunità ammette la propria mancanza, i propri sbagli, attraverso una vera e propria confessione, che risulta tra l‟altro dagli effetti sociali e psicologici liberatori. Un altro importante motivo della malattia può essere, come si accennava prima, il furto di un‟anima (o una parte di essa) da parte di un morto. In questo caso invece lo sciamano dovrà intraprendere un viaggio sciamanico per recuperare l'anima perduta e per riportarla alla sua sede originaria. Il suo viaggio può essere diretto o verso il cielo o verso le profondità marine, avvicinando dunque rispettivamente gli dei sovrani di questi due regni: Sila e Takànakapsaluk. Sono queste le due zone ritenute più importanti, più vitali, quindi più cariche di sacro nella cultura inuit: il cielo con il suo sole o le sue tempeste e il mare con i suoi animali così essenziali per la vita degli inuit. A volte gli sciamani riferiscono dopo il loro viaggio dove sono stati: abbiamo documentazioni anche di viaggi atipici, nei quali gli sciamani raccontano di essere stati in luoghi particolari come sopra un pianeta sconosciuto, o sulla luna o di aver fatto il giro dell‟universo o di aver volato attorno tutta la terra, ecc. Nel viaggio lo sciamano è capace di volare come un volatile comune: spesso nella raffigurazioni iconografiche viene raffigurato con le braccia tese come le ali di un uccello.
Poi è naturale che quando lo sciamano deve recuperare un'anima rapita da un morto, egli dovrà far visita ad uno dei regni dei morti. Questo viaggio avviene attraverso una sorta di trance nella quale entra lo sciamano, il quale a sua volta sembrerà un morto – in tutto il periodo del suo viaggio. La sua anima prende il volo e il suo corpo rimane inanime. Ma prima di rimanere come privo di vita, a volte il corpo si muove in modo convulso, quasi in preda all'epilessia: è l'entrata, la penetrazione dello sciamano negli abissi, che viene mimata fisicamente: non è un caso che a volte per indicare lo sciamano si parla di “colui che scende in fondo”. Vi sono tre regni dei morti di solito. C'è il cielo, c'è una sede sotto terra e un‟altra ancora a grandi profondità. Nel cielo e nella sede dei morti situata nella profondità della terra, i morti passano un'esistenza serena e prosperosa. In queste sedi l'andamento climatico è l'opposto di quello sulla terra: quando è inverno da una parte, è estate dall'altra e viceversa. Invece nella sede subito sotto la terra, i morti scontano le mancanze e le colpe di cui si sono macchiati durante la loro vita. È praticamente un inferno in cui l'esistenza è grama, disperata e infelice.
I rituali che invece riguardano tutta la comunità, come per esempio allarmanti problemi meteorologici, necessitano la presenza di tutti, o di almeno una rappresentanza del villaggio che viene ospitata all'interno di una capanna – spesso la capanna dello sciamano – e che assiste alla drammatizzazione da parte dello sciamano stesso della sua lotta contro gli spiriti ostili. I presenti devono avere le cinture e i lacci slegati, gli occhi chiusi. Prima lo sciamano sta in silenzio, respira profondamente. Poi chiama gli spiriti ausiliari. Quando arrivano, egli dichiara di avere aperto il varco. In questi veri e propri spettacoli, lo sciamano si dimena, urla, canta, parla un linguaggio sconosciuto, entra in estasi, cade in trance, cambia il registro della voce, riferisce quello che gli sta capitando, gli altri lo incitano, lo incoraggiano, "fanno il tifo‟ per lui. Lo sciamano prima di questo rituale depone le sue vesti, e durante il suo viaggio può capitare che esse prendano vita, che volino per la capanna. Si sentono nel mentre respiri sconosciuti, che vengono dall'altro mondo: a volte anime di sciamani defunti vengono ad aiutare lo sciamano in viaggio.
Quando il suo viaggio è diretto verso le profondità marine, per incontrare Takanakapsaluk, lo sciamano trova ostruito il suo passaggio da tre grandi sassi a mezz'aria (o meglio: a mezzo mare!) in movimento continuo. È un classico rito di passaggio: lo sciamano deve superare questo ostacolo, con il rischio di finire schiacciato tra i massi. Superati i massi, lo sciamano si trova davanti alla casa di Takanakapsaluk; più lo sciamano sarà inesperto, maggiori saranno gli ostacoli tra lui e la divinità marina; più lo sciamano sarà esperto, più facile e diretta sarà la via che lo condurrà a lei. I problemi vissuti dalla comunità sono causati dalla collera di Takanakapsaluk. E la collera è evidente dagli ostacoli che sono presenti nelle immediate vicinanze della sua casa: un muro che si erge davanti alla sua porta, bestie marine dentro ad uno stagno vicino al suo camino, trappole, ecc. C'è anche il padre di Takanakapsaluk che cerca di bloccare lo sciamano, scambiandolo per uno spirito morto. E poi lo si capisce dalla persona stessa di Takanakapsaluk: è visibilmente infuriata, è sporca, è trascurata, il suo sguardo è coperto dai suoi folti capelli. L'idea soggiacente a questa rappresentazione è che gli errori degli uomini, le loro infrazioni di tabù, i loro peccati, gli sbagli, incidono sulla salute di Takanakapsaluk: è come se la facessero ammalare. Allora lo sciamano dovrà curarla, dovrà accudirla, pettinarla, anche coccolarla. Nel mentre egli fa presente alla dea i problemi vissuti nella sua comunità. Citiamo ad esempio un dialogo registrato da Rasmussen. Sciamano: “Gli uomini non hanno più foche da mangiare”; dea: “Gli aborti fatti in segreto e le violazioni dei tabù di quelli che mangiano carne bollita hanno chiuso la via agli animali”. Lo sciamano cerca di imbonirsi la dea, la quale alla fine apre lo stagno e lascia liberi gli animali. Poi lo sciamano torna dal suo viaggio: il suo respiro si fa più affannato, è come se tornasse dopo una lunga immersione. Poi silenzio. Poi lo sciamano chiede una confessione dei peccati: ogni donna confessa i suoi aborti, ogni persona le sue infrazioni di tabù, e ognuno si pente.
Ma a dire il vero, lo scopo dei viaggi sciamanici non è solo ed esclusivamente quello di risolvere dei problemi – individuali o collettivi. Lo sciamano intraprende i suoi viaggi estatici anche quando non ci sono apparenti motivi. Perché? Perché per lo sciamano il viaggio è spesso una sorta di droga, se mi consentite di usare questo termine. Cioè nel viaggio, lo sciamano trova la sua natura autentica: è certamente qualcosa di paradossale, perché spesso e volentieri nei viaggi per risolvere problemi di altri lo sciamano soffre, a volte rischia anche la vita. Tuttavia, quando egli è solo e viaggia solo per il gusto di viaggiare, allora trova piacere nell'accedere all'altro mondo. A quel mondo di cui lui fa parte, in un certo senso. Cioè dopo l'iniziazione, lo sciamano è più dell'altro mondo che di questo. E il suo bisogno è quello di ritornare ad attingere a quell'altro mondo, per riceverne potere, visioni, forza, rigenerazione.
Uno sciamano esperto riesce a viaggiare in qualsiasi regione del cosmo. Egli spesso si fa legare alle braccia e/o ai piedi per non venire trasportato anche corporalmente nel viaggio. Deve essere solo l'anima a viaggiare, spesso sotto forma di corpo eterico: il corpo fisico deve rimanere in questo mondo, perché il rischio è che non si ritorni più. A volte vengono legati dentro una tenda per potersi meglio isolare dal mondo esterno. E spesso vengono invocati gli spiriti familiari, i quali aiutano lo sciamano nel suo percorso estatico, fanno un po' da ciceroni nel mondo degli spiriti. Sono solo gli spiriti crudeli e malvagi il problema dello sciamano: essi sono così perché hanno vissuta una vita intrisa di violazioni alle regole; con gli altri spiriti lo sciamano inuit prende contatto volentieri: spiriti dei morti, spiriti della natura, … Ognuno ha la sua peculiarità, la sua "specializzazione" e da ognuno lo sciamano può ricavare qualcosa. Certo, ogni eschimese può avere protezione da un certo spirito, ma è solo lo sciamano che può intrattenere con loro un rapporto intimo, di incontro, di dialogo vero.

Poi, in ultimo, vorrei dire che nella cultura inuit non c'è solo lo sciamano come intermediario per dialogare con gli spiriti. Esiste anche il "qilaneq". Viene utilizzato più che altro quando si ha a che fare con un malato (e spesso lo usano le donne). Quest'ultimo lo si fa sedere a terra; qualcuno in piedi gli regge la testa attraverso una cintura. Si invocano gli spiriti e la loro presenza si fa manifesta attraverso la pesantezza della testa. Poi si pongono delle domande: se la testa si appesantisce nuovamente, la risposta è positiva; se si alleggerisce, è negativa. A volte poi questo metodo viene usato dallo sciamano stesso, però in questo caso lo sciamano non usa la testa, ma il piede, il suo piede. Fa tutto da solo, avendo davanti a sé il malato. È un metodo veloce che si usa quando ci sono problemi di salute non troppo gravi, che non richiedano insomma il viaggio sciamanico.

sabato 10 giugno 2017

Gli ultimi tempi e la nuova era

Alla luce dei recenti attentati di matrice islamica sul territorio europeo, e soprattutto di quello avvenuto nella capitale iraniana, Teheran, la strategia del terrore e della destabilizzazione mondiale sta raccogliendo i suoi frutti. 
L'Iran ha accusato apertamente l'Arabia Saudita di essere responsabile dell'attentato e di armare i terroristi dell'ISIS aprendo a possibili sviluppi inquietanti e pericolosi. La maggior parte dei morti che il califfato ha causato in questi anni sono di religione islamica. La lotta intestina tra Sunniti e Sciiti in medioriente per adesso ha un solo vincitore: Israele. La nazione ebraica vive un periodo di moderata tranquillità e sembra essere stata stranamente dimenticata dai terroristi dello Stato Islamico. 
La Siria e l'Iraq sono ormai due nazioni distrutte, e solo la Russia e i Curdi sembrano combattere seriamente contro l'ISIS, mentre la Turchia, gli USA e gli altri stati sunniti della regione hanno come principale obiettivo quello di detronizzare il leader siriano Assad, servendosi anche dei terroristi islamici dell'ISIS.

Trump 

Donald Trump ha scelto di recarsi in Arabia Saudita per il suo primo viaggio all'estero in qualità di presidente USA. Qui ha concluso un accordo commerciale vendendo allo Stato Saudita armi per 110 miliardi di dollari. La dinastia di Riad, alla quale anche l'Italia ha venduto armi, è impegnata in una guerra contro lo Yemen. Subito dopo Trump si è recato in Israele incontrando il primo ministro Netanyahu, ed infine ha fatto visita a Papa Francesco in Vaticano. 
Trump ha incontrato nel giro di una settimana gli esponenti principali delle tre religioni monoteiste e abramitiche. Ma di cosa avranno parlato? Forse ha rassicurato Israele e il Vaticano che l'Arabia Saudita farà da garante affinché l'ISIS non attacchi i loro Stati? Forse ha discusso circa gli avvenimenti che avverranno nel prossimo futuro? 
Trump dopo questi incontri ha deciso di rompere l'accordo di Parigi sul clima sottoscritto dal suo predecessore Barack Obama. Ma Trump è un folle incosciente oppure conosce la verità sull'origine del riscaldamento globale? E se i cambiamenti climatici fossero causati da dinamiche cosmiche e cicliche invece che dalle emissioni di CO²? Oppure è deciso ad incrementare con ogni mezzo la produzione industriale in previsione di un probabile conflitto mondiale? Come dimostra la tensione crescente con la Corea del Nord e l'isolamento del Qatar e dell'Iran la politica estera di Trump è notevolmente aggressiva.  

Albert Pike

Albert Pike, è stato un avvocato, politico, scrittore e militare statunitense, ma è stato anche un massone di 33° grado appartenente al rito scozzese. Grazie al commodoro della Marina Canadese William Carr conosciamo la corrispondenza epistolare tra Mazzini e Pike. In una lettera Pike scrive:

"La Prima Guerra Mondiale deve essere provocata per permettere agli Illuminati di sovvertire il potere dello Zar in Russia e rendere quel paese una fortezza per il comunismo ateo. Le divergenze causate dagli "agenti" degli Illuminati tra gli Imperi Britannico e Germanico, sarebbero state usate per fomentare questa guerra. Alla fine della Guerra si sarebbe costruito il Comunismo e lo si sarebbe usato per distruggere gli altri governi e per indebolire le religioni.

La Seconda Guerra Mondiale deve essere fomentata avvantaggiandosi delle differenze tra i fascisti e i sionisti politici. Bisogna fare questa guerra, perché il Nazismo venga distrutto e il Sionismo politico diventi abbastanza forte per istituire uno stato sovrano in Palestina. Nella Seconda Guerra Mondiale il Comunismo Internazionale deve diventare abbastanza forte per bilanciare la Cristianità, che sarebbe cosi contenuta e tenuta sotto controllo, fino al tempo in cui ci sarebbe servita per il cataclisma sociale definitivo

La Terza Guerra Mondiale deve essere fomentata avvantaggiandosi delle differenze, causate dagli agenti degli Illuminati, tra i sionisti politici e i leader del mondo islamico. La guerra deve essere condotta in modo tale che l'Islam (il Mondo Arabico Musulmano) e i sionisti politici (lo Stato di Israele) si distruggano reciprocamente. Nel mentre, le altre nazioni, divise ancora una volta su questa questione, saranno costrette a combattere fino ad esaurirsi completamente, fisicamente, moralmente, spiritualmente ed economicamente. Daremo libero sfogo ai nichilisti e agli ateisti, e provocheremo un cataclisma sociale formidabile che, in tutto il suo orrore, mostrerà chiaramente alle nazioni, quale effetto abbiano l'ateismo assoluto, l'origine della ferocia e i disordini (le rivoluzioni) altamente sanguinari .

Ovunque, quindi, i cittadini obbligati a difendersi dalla minoranza mondiale di rivoluzionari, stermineranno quei distruttori della civiltà e la moltitudine sarà disillusa dalla Cristianità, i cui spiriti deistici da quel momento saranno senza bussola né direzione. Saranno ansiosi di un ideale, ma senza sapere a chi rendere questa adorazione, riceveranno cosi la vera luce attraverso la manifestazione universale della pura dottrina di Lucifero, portato finalmente alla vista di tutti. Questa manifestazione deriverà dal movimento reazionario generale, che seguirà la distruzione della Cristianità ed ateismo, entrambi conquistati e sterminati allo stesso tempo". (lettera scritta nel 1871)  


Gog e Magog

E la parola dell'Eterno mi fu rivolta in questi termini: «Figlio d'uomo, volgi la tua faccia verso Gog del paese di Magog... e profetizza contro di lui... verrai dal luogo dove stai, dall'estremità del settentrione... e salirai contro il mio popolo d'Israele...» (Ezec. 38:1 e 15-16).

Verrai contro il paese sottratto alla spada, contro la nazione raccolta in mezzo a molti popoli, sui monti d'Israele, che sono stati per tanto tempo deserti; ma, fatta uscire dai popoli, essa abiterà tutta quanta al sicuro. (Ezec. 38:8).


I capitoli 38 e 39 del profeta Ezechiele parlano di Gog del paese di Magog.
Tutti i commentatori biblici dicono che «Gog del paese di Magog» è la Russia che, improvvisamente, nel futuro, attaccherà Israele.
Il crollo dell'Unione Sovietica ha permesso alla Russia di riemergere. Nel futuro questo paese risorgerà con una nuova forza politico-nazionalista, imperiale e antisemita. Pietro il Grande così definì la Russia: «Un paese in cui ciò che non può accadere, accade».
Da secoli l'antisemitismo fa parte della psicologia di questo paese. Dagli Zar al comunismo e sino ad oggi, la parola ebreo viene usata come un termine dispregiativo.

Perché Magog, la Russia, attaccherà Israele?
A questa domanda risponde la Scrittura che dice: "Verrai per far bottino e predare, per stendere la tua mano contro queste rovine ora ripopolate, contro questo popolo raccolto fra le nazioni..." (Ezec. 38:12).
Invadere un paese per "far bottino e predare" non è un atto di giustizia, ma nasconde un pensiero malvagio che la stessa profezia di Ezechiele conferma: "Così parla il Signore l'Eterno: In quel giorno, dei pensieri ti sorgeranno in cuore e concepirai un malvagio disegno" (Ezec. 38:10).

Ezechiele quindi profetizza una futura invasione di massa su Israele da parte delle forze armate di sei nazioni. Cinque delle sei nazioni sono identificate nei versetti 5 e 6 del capitolo 38 con i loro nomi antichi usati all’epoca di Ezechiele.

La prima nazione, la Persia, è quello che oggi è diventato lo stato moderno dell’Iran. Attualmente è governato da un regime fondamentalista islamico che sta investendo parecchio nella potenza militare, incluso lo sviluppo di armi nucleari. Questo governo ha dichiarato apertamente la sua volontà di annichilimento dello Stato ebraico di Israele. 

La seconda nazione, l’Etiopia, non rappresenta lo stesso territorio della moderna Etiopia. In realtà, essa occupava l’area una volta conosciuta come Nubia e che oggi viene chiamata col nome di Sudan. Anche questo stato è dominato da un governo fondamentalista islamico, il quale usa metodi brutali (compresa la crocifissione dei cristiani) per instaurare uno stato puramente islamico.

La terza nazione è la Libia che si trova ad occidente dell’Egitto e anch’essa è una nazione islamica decisamente anti occidentale e anti israeliana, tanto che l’intelligence occidentale è stata di recente informata che la Libia ha assunto scienziati provenienti dall’ex Unione Sovietica per la loro campagna di rafforzamento militare.

Il popolo della quarta nazione – Gomer – era conosciuto all’epoca anche come i cimmeri. Essi vivevano a nord dei monti caucasici a sud della moderna Russia. Ai tempi di Ezechiele dimoravano in quella che è attualmente la zona che si trova al centro della Turchia.

Il popolo della quinta nazione, Togarma, furono identificati da Giuseppe Flavio come i Frigi (Antichità: I. 6, 1 [126]), i quali risiedevano nella Cappadocia, ossia l’attuale zona est della Turchia.
Considerato che la quarta e la quinta nazione si trovano nell’attuale Turchia occorre sottolineare come l’attuale governo secolarizzato della Turchia è minacciato dai fondamentalisti islamici. E a questo proposito sono molti i leader a temere che la Turchia possa diventare un altro Iran, ciò a maggior ragione vista la svolta autoritaria del premier Erdogan. Se ciò dovesse accadere tutte le nazioni citate in Ezechiele 38:5-6 sarebbe caratterizzate da un odio militante islamico contro Israele.

L’identità del leader dell’invasione 

Le cinque nazioni citate saranno guidate da una sesta nel futuro attacco contro Israele. Dio ha dato tre marchi d’identificazione per questo leader.

Il nome del leader 

Il leader sarà Gog della terra di Magog (Ezechiele 38:2). Jerome, un importante leader di chiesa del 345-420 d.C.) dichiarò che Magog si trovava nel nord dei monti del Caucaso, vicino al Mar Caspio. Giuseppe Flavio (Antichità I. 6, 1 [123]) così come altri scrittori greci associavano il nome Magog a quello degli Sciti. Secondo l’International Standard Bible Encyclopedia, il maggior gruppo di Sciti viveva vicino al Mar Nero, dal Caucaso lungo il Danubio. Pertanto la terra di Magog si trovava vicino al Mar Nero e al Caspio a nord delle Montagne del Caucaso, ossia nel territorio che si trova a sud dell’attuale Russia.

La posizione politica del leader 

Il leader viene identificato come il principe sovrano di Mesec e Tubal (Ezechiele 38:2; 39:1). Gli scrittori classici greci chiamavano il popolo di Mesec col nome di Moschoi, mentre gli Assiri si riferivano a loro col nome di Muski. Questo gruppo si era stabilito in Armenia, dove si incrociano i confini tra Russia, Iran e Turchia.
Il popolo di Tubal viveva invece al centro del’attuale Turchia, subito ad ovest di Togarma.

La posizione geografica del leader 

Gog è situata all’estremità settentrionale (38:15; 39:2). Poiché Ezechiele era un profeta ebreo sicuramente parlava tenendo conto del punto di vista del suo territorio. Perciò, quando nel versetto 38:15 parla dell’attacco delle sei nazioni guidate da Gog proveniente dal nord significa che la sua provenienza doveva essere per forza a nord di Israele. E’ la Russia la nazione situata all’estremità settentrionale direttamente a nord di Israele.

Il tempo dell’invasione 

In Ezechiele 38:8-16, Dio dichiara che l’invasione di Israele accadrà alla fine dei giorni. Ciò accadrà dopo che il popolo di Israele avrà fatto ritorno nella sua terra e si sentirà così sicuro da non aver bisogno di difendersi (vv. 8, 11-12, 14.) Il ritorno allo stato di Israele è avvenuto nel 1948, ma mai da allora questo popolo ha potuto sentirsi tanto sicuro da non aver più difese.

Poiché le Scritture attestano che non vi saranno periodi di guerra durante il regno del Messia (Salmi 72:7; Isaia 9:6-7, Michea 4:3-4), ciò significa che questa invasione non avverrà durante il Millennio. Ci sarà dunque un tempo prima della Seconda Venuta di Cristo e il Suo Regno Millenario nel quale Israele si sentirà così sicura da rinunciare ad ogni difesa? Questo è ciò che appare dalle Scritture.
Secondo Daniele 9:27 all’inizio dei sette anni di Tribolazione, l’Anticristo stabilirà un patto d’acciaio con Israele. Il legame tra Israele e l’Anticristo sarà così forte che farà espandere il suo potere e il suo impero nel Medio Oriente. Il risultato è che attraverso questo patto l’Anticristo garantirà la sicurezza di Israele e questa garanzia farà sentire Israele così al sicuro da permettersi di rinunciare alla propria difesa e agli enormi costi che essa comporta.

Comunque questa sensazione di sicurezza non durerà a lungo. Nel mezzo della Tribolazione, l’Anticristo comincerà a portare desolazione in Israele (Daniele 9:27; Matteo 24:15-21); pertanto possiamo concludere che la nazione si sentirà sicura solo nella prima metà dei sette anni della Tribolazione e proprio in questo periodo (probabilmente un poco prima della metà dei setti anni) avverrà l’invasione da parte della Russia e dei suoi alleati islamici. 
Attitudini e azioni dell’invasore

Gli invasori penseranno che poiché Israele ha abbandonato la sua difesa militare quello sarà il momento opportuno per colpirla e saccheggiare le sue risorse (Ezechiele 38:10-13). Di conseguenza lancerà un attacco con un esercito talmente enorme che sembrerà come una nuvola che copre la terra (38:9, 15-16).

La reazione di Dio

All’inizio Dio spingerà gli invasori verso Israele per il suo scopo di sovranità (38:4, 16; 39:2). Ma quando essi attaccheranno allora Dio interverrà contro di loro con furia, gelosia e ira (38:18-19). Egli interverrà attivamente per distruggere le forze dell’invasione attraverso terremoti, frane, atti di panico autodistruttivi, pestilenze, nubifragi, grandine, fuoco e zolfo (38:19-22).

La distruzione delle armate degli invasori sarà così estesa che le montagne, i campi di Israele e la valle accanto al Mar Morto saranno coperte di cadaveri. Dio manderà uccelli e altri animali a mangiare i loro corpi. Occorreranno sette mesi prima gli Ebrei riusciranno a seppellire i corpi dei morti rimasti e a distruggere tutte le loro armi (39:3-5, 9-20). Se l’invasione avverrà poco prima della metà della Tribolazione, la distruzione delle armi si realizzerà al principio del Millennio.
Lo scopo di Dio sarà di glorificare Se Stesso davanti ad Israele e a tutte le nazioni, Essi saranno così impressionati dalla Sua esistenza e dal Suo potere tanto da trasformare la propria vita (38:16, 23; 39:7, 13, 21-22). Molti ebrei e gentili saranno salvati proprio durante la Tribolazione (Apocalisse 7). Non vi sono dubbi che l’adempimento delle profezie di Ezechiele saranno uno strumento per mezzo del quale Dio porterà molte persone di qual tempo a Sé.

Quindi Dio interverrà, come ai tempi dell'Antico Testamento, per salvare miracolosamente Israele. I versi del capitolo 38:18-23 di Ezechiele, lo dimostrano chiaramente: "Verrò in giudizio contro di lui, con la peste e con il sangue; farò piovere torrenti di pioggia e grandine, fuoco e zolfo, su di lui, sulle sue schiere e sui popoli numerosi che saranno con lui".

Anche nell'Apocalisse di Giovanni (20, 7) si citano Gog e Magog come avversari di Israele. Il libro delle rivelazioni sembra essere un completamento delle profezie dei vari profeti di Israele, tra cui Ezechiele e Daniele.

Secondo il Corano invece (18, 93-98; 21, 96-97), il popolo barbaro di Yādgiūǵ e Māgiū, rinserrato da Alessandro Magno (Dhū 'l-Qarnain, v.) dietro una colossale muraglia di ferro, verso la fine dei tempi proromperà dalle sue barriere a devastare la terra degli infedeli. I geografi arabi collocano il territorio di quel popolo nella parte nord-est dell'Asia. Si tratta forse della Cina?

Fatima

"Io chiederò la Consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato... Se vi atterrete alle mie richieste, la Russia si convertirà e il mondo avrà pace". 

Questo messaggio dato dalla Madonna ai tre pastorelli fa parte dei tre segreti di Fatima. Questa profezia sembra essersi verificata allorché la Russia ha abbandonato l'ideologia comunista allentando le sue redini sui paesi dell'Europa dell'est e dopo la caduta del muro di Berlino. Ancora una volta la Russia è protagonista di una profezia, nella quale si evidenzia la sua pericolosità per la pace mondiale.
Da sottolineare che il terzo segreto di Fatima annuncia una tribolazione e persecuzione che la Chiesa e il Papa subiranno in futuro. Forse un ulteriore avviso di quanto già scritto nella lettera di Pike a Mazzini, riguardante il nichilismo dominante e la fine della cristianità.

Conclusioni

La Russia, alleata strategicamente con la Cina, l'Iran, la Siria e altre nazioni sembra aver creato una coalizione internazionale descritta nelle profezie. Dall'altra parte gli Usa, da sempre schierati con Israele, godono dell'appoggio di Stati strategicamente ben posizionati nella regione mediorientale come l'Arabia Saudita, la Giordania e la Turchia. Anche se quest'ultima nel corso della storia è sempre stata imprevedibile. 
I segnali di questi tempi sembrano adempiere e dare compimento alle profezie del passato. Basta una scintilla a scatenare una guerra dagli esiti imprevedibili e catastrofici. 
Stiamo entrando nell'era dell'acquario, abbandonando quella dei pesci. Forse questo passaggio simboleggia la fine della cristianità, il cui simbolo anticamente era il pesce, a favore del portatore d'acqua, l'acquario. Un antica divinità sumera importante era chiamata EA, il nome significa "la cui casa è l'acqua". Questa divinità era conosciuta anche come ENKI, "signore della terra".  Nei vangeli è più volte ripetuto che il signore di questo mondo è satana o lucifero. Infatti è Satana a tentare Gesù nel deserto offrendogli l'autorità su tutti i regni della Terra. Avrebbe mai potuto offrire qualcosa di cui non fosse stato padrone? Forse la nuova divinità da adorare sarà questa antica divinità sumera? ENKI è anche colui che, secondo i sumeri, ha contribuito insieme ad altre divinità alla creazione della razza umana.
La teoria del ritorno del pianeta X, chiamato anche Nibiru, descritto nelle profezie e studiato da archeoastronomi e ricercatori segnerà anche il ritorno di questa antica divinità? Forse è l'avvicinamento di questo astro a causare i cambiamenti climatici ed eventi naturali sempre più estremi sul nostro pianeta? 

giovedì 8 giugno 2017

La comparsa dell'Homo Sapiens è da retrodatare

A Jebel Irhoud sono stati rivenuti fossili di almeno cinque ominidi vissuti tra 300 e 350 mila anni fa. Finora la culla del sapiens era ritenuta l'Etiopia e il Sud dell'Africa, dove furono scoperti fossili risalenti a 195 mila anni fa.

Ora questa scoperta sposta le lancette della nascita dell’Homo sapiens più indietro nel tempo, creando nuovi interrogativi sulle nostre origini. Su di una collina isolata del Nordafrica, in Marocco, si trova il sito di Jebel Irhoud, ben noto per le sue preziosi reperti archeologici. Qui il ritrovamento di nuovi fossili e l’indagine con strumenti più sofisticati di altri scoperti a partire dagli anni Sessanta dello scorso secolo hanno permesso di stabilire che i primi esemplari di sapiens sono apparsi tra 300 e 350 mila anni fa. Finora la culla dell’uomo moderno erano ritenute l’Africa orientale, principalmente l’Etiopia, e il Sud dell'Africa, dove i fossili raccontavano una presenza umana intorno a 195 mila anni fa. «I resti umani (in Marocco, ndr) sono i più antichi riferiti all’Homo sapiens» scrive sulla rivista Nature Jean-Jacques Hublin del Max-Planck Institute tedesco e alla guida del gruppo internazionale di paleontologi protagonista della scoperta.

Un salto indietro nel tempo

Dunque siamo nati centomila anni prima e ciò che rimane di almeno cinque ominidi (soprattutto parti di teschi, mandibole, denti) analizzati in modi diversi, in particolare con tecniche di luminescenza, hanno portato al risultato che di certo riaccenderà le discussioni sulla complicate interpretazioni dei primi rami del nostro albero genealogico. A rafforzare le conclusioni sul balzo indietro nel tempo sono giunte le datazioni di altri materiali trovati intorno, selci lavorate e resti di animali che hanno permesso di ricostruire la dieta del nostro antenato. «Si cibava di diversi tipi di animali di cui andava a caccia — dice Teresa Steele, paleoantropologa dell’università di California, a Davis, anche lei parte del gruppo —. Mangiava carne di gazzella, occasionalmente di gnu, di zebra e stagionalmente pure uova di struzzo. Rompeva le ossa molto lunghe, aprendole per assaporare il midollo. Tutto ci dimostra che il Nordafrica ha avuto un ruolo significativo nell’evoluzione dell’uomo moderno».

Dall’Etiopia al Marocco

Le indagini in passato sui fossili di Jebel Irhoud avevano suggerito un’età dell’antenato molto più recente, intorno a 40 mila anni, tanto da considerarlo una forma africana di Neanderthal. Le successive analisi cancellavano le prime ipotesi arrivando poi negli ultimi anni a considerali contemporanei agli abitanti dell’Etiopia. Adesso i nuovi reperti e le nuove tecnologie hanno portato ad un ulteriore, clamoroso, passo avanti mostrando un’evoluzione più complessa e ponendo in modo più forte delle domande che prima potevano sembrare solo delle speculazioni teoriche. Ci si chiedeva, infatti, se la biologia dell’uomo moderno fosse emersa rapidamente intorno a 200 mila anni fa oppure se si fosse sviluppata gradualmente negli ultimi 400 mila anni. 
Questa seconda interpretazione sembra prevalere grazie alla scoperta in Marocco. «Ora è chiaro che la storia dell’umanità è più articolata e probabilmente coinvolge l’intero Continente africano», aggiunge un altro ricercatore del team, Rainer Grun direttore dell’Australian Research Centre for Human Evolution dell’Università di Griffith. «I reperti sono molto interessanti — commenta il paleontologo Giorgio Manzi dell’Università La Sapienza di Roma —. Però mi sembrerebbe più corretto parlare di ominidi che rappresentano una transizione tra forme arcaiche e moderne. Cioè sono espressioni di un trend evolutivo che ancora non ha espresso il vero Homo sapiens. Tra l’altro — sottolinea — ci sono vari fossili appartenenti a queste fasi di passaggio emersi dal Sudafrica alla Tanzania. E sono dei casi che andranno spiegati con una visione più ampia rispetto al passato».

mercoledì 7 giugno 2017

Il mistero dei Giganti

I racconti riguardanti giganti sono presenti in tutti i miti antichi, storie analoghe tra loro appaiono nelle culture di ogni angolo del pianeta. Le testimonianze più famose senza dubbio le troviamo nella Bibbia, allorché si parla dei Nefilim, tradotto col termine "giganti", ma che potrebbe significare "cadere, scendere" e riferirsi ad una razza aliena o ibrida, i cosiddetti angeli caduti e vigilanti della tradizione enochiana. Questi giganti non avevano affatto un carattere docile e furono annientati col Diluvio a causa della loro cattiveria. La Bibbia però nei capitoli successivi afferma che una parte di questi giganti scamparono alla morte, e infatti li ritroviamo tra le popolazioni ostili alle tribù di Israele: gli Anakim, gli Emim, i Refaim e i Zamzummim, i Gibborim.

In quel tempo c’erano sulla terra i giganti, e ci furono anche in seguito, quando i figli di Dio si unirono alle figlie degli uomini, ed ebbero da loro dei figli. Questi sono gli uomini potenti che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi.
(Genesi 6:4)

Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; tutta la gente che vi abbiamo vista, è gente di alta statura; e vi abbiamo visto i giganti, figli di Anac, della razza dei giganti. Di fronte a loro ci pareva di essere cavallette; e tali sembravamo a loro.
(Numeri 13:32-33)

Nefilim, gibborim, refa’im, giganti: in buona parte dell’Antico Testamento è semplice trovare termini del genere volti a dipingere figure per noi estranee, quasi mitologiche.
Sembrerebbe difatti pressoché impossibile per noi immaginarci uomini alti come querce (Amos 2:9), titani di quasi 3 metri (1 Samuele 17:4), di 2.50 metri (1 Cronache 11:23) o intere popolazioni di colossale statura (Deuteronomio 9:1-2) senza inevitabilmente credere si tratti d’una qualche leggenda appartenente al passato.
La letteratura rabbinica, oltre a sottolinearne le sproporzionate dimensioni, aggiunge ulteriori elementi che contribuiscono a conferire ai giganti un’aura ben più spaventosa: essi potevano mangiare sino a 100 cammelli o cavalli al giorno, riuscivano a fermare i corsi d’acqua con un piede, avevano più denti rispetto ad un comune uomo, portavano numerose collane e conducevano una vita altamente immorale (Midrash Abkir; Ber. R. 27).
Nonostante queste ultime caratteristiche non siano ben esplicitate nelle Sacre Scritture, risulta abbastanza chiaro come il solo aspetto possa esser bastato per spaventare gli esploratori inviati da Mosè (Numeri 13:25-33).


Le popolazioni dei giganti

Il termine ebraico per specificare “giganti” è “refa’im“, ma in antichità gli stessi nomi di alcuni popoli potevano essere direttamente associati ad esseri umani di alta statura.
È questo il caso degli Amorrei, gli Emim, i Refaim, gli Anakim e i Zamzummim.
L’esistenza di tali popolazioni – sarebbe forse meglio parlare di tribù seminomadi – è documentata in diversi testi antichi sumeri ed accadici, sebbene per quanto concerne gli Anakim, ad oggi, non sono stati ritrovati resti o testimonianze scritte.
Secondo l’interpretazione d’alcuni studiosi, il termine “bene ha-Anak” (derivante da lingue semite) suggerisce che i discendenti di Anak – gli Anakim, appunto – avevano dei colli lunghi o che erano soliti indossare molte collane. Anche se l'assonanza con il termine Anunnaki lascia spazio a teorie affascinanti.
Oltre questo dettaglio etimologico, l’Antico Testamento ci riferisce che gli Anakim furono cacciati da Caleb (Giudici 1:20) il quale ne aveva conquistato i territori; molto probabilmente gli ultimi giganti di questa tribù furono poi assorbiti dai Filistei e dai Cananei per poi dissolversi del tutto.
D’incerta conformazione e sorte furono anche gli Emim e gli Zamzummim: molti biblisti supportano l’idea che furono dispersi tra le vicine popolazioni allo stesso modo degli Anakim.
Gli Amorrei, hanno lasciato ai posteri maggiori informazioni.
Sappiamo per certo che questa popolazione compose diverse tavolette databili tra il 1800 e il 1750 a.C. tutt'oggi nelle mani degli archeologi, da cui sappiamo che gli Amorrei adoravano divinità celesti quali Amurru e Sin, e che invasero la Mesopotamia attorno al 2000 a.C. per poi lentamente scivolare nel declino sino al 1595 a.C., sopraffatti dagli Hittiti.
Rispetto alle altre popolazioni di giganti, gli Amorrei probabilmente erano in possesso d’una maggiore conoscenza religiosa e giuridica.
In termini più generali, passarono alla storia come i regnanti-guerrieri di Babilonia che conquistarono tutte le aree nelle vicinanze, distruggendo varie città rivali: il rinomatissimo Hammurabi (XIX-XVII secolo a.C.) fu un esponente di questa stirpe, dal cui nome deriva il famoso Codice legislativo.
 
Tra Bibbia ed archeologia

Nelle Sacre Scritture vengono nominati, oltre a gruppi organizzati, anche singoli personaggi dalle dimensioni colossali.
L’esempio più chiaro è rintracciabile in Deuteronomio 3:11, dove viene descritto il letto del regnante Og, lungo 9 cubiti 
(1 cubito = 44,45 cm):

Perché Og, re di Basan, era rimasto l’unico superstite dei Refaim. Ecco, il suo letto, un letto di ferro, non è forse a Rabba degli Ammoniti? E’ lungo nove cubiti secondo il cubito di un uomo .
(Deuteronomio 3:11)

La fine del regno di Og viene narrata in Numeri 21:33-35 ed esistono diverse leggende in ambito ebraico a riguardo: la più inusuale racconta della furia cieca del regnante, una furia talmente poderosa che spinse il titano a sradicare una montagna con l’intento di uccidere tutti gli israeliti ma che, alla fine, gli si rivelò fatale poichè non riuscì a reggere il peso del monte e venne schiacciato.
Ancor più famoso è l’episodio biblico di Davide contro Golia (Goliath), narrato in Samuele I 17:4-5:
 
Dall’accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo (65 chili n.d.r.).

Volendo analizzare il tutto da un punto di vista biblico, appare evidente come sia la quantità che la stessa altezza di questi anomali colossi vada lentamente diminuendo dopo il Diluvio Universale.
Un elemento a prova di questa nostra affermazione è rintracciabile nell’estratto del Deuteronomio appena citato (“era rimasto l’unico superstite dei Refaim“), ove lo scrittore probabilmente intendeva re Og come l’ultimo superstite d’un gruppo di giganti più grandi rispetto agli altri.
Comparando inoltre l’ultimo gigante menzionato (1 Cronache 11:23) con i precedenti, è facile notare un graduale abbassamento d’altezza – da notare: l’egiziano in questione era forse alto quanto l’imperatore Massimino Trace (173 – 238), ovvero 2.50 metri.
Ma l’Antico Testamento non è l’unico libro a testimoniare l’esistenza dei giganti: autori come Plinio, Plutarco ed Erodoto descrivono energumeni in bilico tra i 2 ed i 3 metri; in tutte le mitologie/racconti antichi del pianeta è possibile trovare riferimenti a uomini straordinariamente alti.

I giganti delle Americhe

Diverse tribù di nativi americani hanno tramandato le leggende di una razza di giganti bianchi, aggressivi e spietati, che hanno abitato il continente americano e che in seguito sono stati spazzati via da cataclismi e indecifrate forze cosmiche. 

Alcune di queste leggende offrono particolari interessanti per comprendere meglio la natura di questi esseri. Dai Choctaw e i Comanche degli Stati Uniti, e andando verso sud, fino ai Manta del Perù questi racconti ancestrali recano ancora il sapore di un antichità in cui il mito si intreccia con la realtà.

Choctaw

Horatio Bardwell Cushman ha scritto quanto segue nel suo libro del 1899 “Storia dei Choctaw, Chickasaw, e Natchez indiani”:

“La tradizione dei Choctaw ... racconta di una razza di giganti, che un tempo abitavano l'odierno Stato del Tennessee, con la quale i loro antenati hanno combattuto al loro arrivo nel Mississippi durante la loro migrazione da ovest. ... La loro tradizione afferma i Nahullo (una razza di giganti) erano di grandiosa statura.” 
La tradizione dei Choctaw racconta quindi di una razza di giganti che un tempo abitavano quelle terre.
Cushman inoltre afferma che il termine Nahullo venne successivamente usato per descrivere tutti i bianchi, ma originariamente si riferiva specificamente ad una razza bianca gigante con la quale i Choctaw erano entrati in contatto la prima volta che attraversarono il fiume Mississippi. 
I Nahullo si diceva fossero cannibali e che uccidevano i Choctaw ogni volta che ne avevano l'occasione. 

Comanche

I Comanche erano una tribù delle Grandi Pianure, il loro capo Tuono Roboante, nel 1857, ha dato il seguente resoconto di un'antica razza di giganti bianchi: 

“Innumerevoli lune fa, una razza di uomini bianchi, alti 10 piedi (circa 3 metri, n.d.r.), e di gran lunga più ricchi e potenti di qualsiasi uomini bianchi che vivono adesso, hanno abitato una grande parte della terra, che si estende da dove sorge fino a dove tramonta il sole. Le loro fortificazioni erano incastonate tra le cime delle montagne, proteggevano le loro città popolose situati nelle valli sottostanti. Hanno superato ogni altra nazione fiorente, sia prima che dopo, in ogni tipo di abilità artigianale, erano coraggiosi e bellicosi, e governavano la terra che avevano strappato ai loro antichi possessori con mano forte e altezzosa. Rispetto a loro i visi pallidi dei nostri giorni sono dei nani, sia in arte che armi ...” 
Il capo ha spiegato che quando questa razza dimenticò la giustizia e la misericordia  e diventò troppo orgogliosa, il Grande Spirito la spazzò via e tutto ciò che restava della loro civiltà sono i tumuli ancora visibili sugli altopiani. 
Questo resoconto è stato documentato dal dottor Donald "Panther" Yates, ricercatore e autore di libri sulla storia dei nativi americani, sul suo blog.


Navajo

Yates ha anche scritto del popolo Starnake della leggenda Navajo; li ha descritti così: "Una razza regale di giganti bianchi dotata di tecnologia mineraria che ha dominato sull’Occidente, ha schiavizzato tribù inferiori, aveva roccaforti in tutte le Americhe. O si sono estinti o sono tornati nei cieli."

Manta

Nel 1864, Pedro de Cieza de León ha scritto nel Chronicle of Peru di giganti leggendari che gli erano stati descritti dagli indigeni Manta: "Ci sono, tuttavia, resoconti di giganti in Perù, giunti sulla costa a Santa Elena. I nativi riportano la seguente tradizione, ricevuta dai loro antenati da tempi molto remoti."
"Qui è giunto sulla costa, in barche di canne, grandi quanto larghe navi, un gruppo di uomini di tale altezza, che dal ginocchio in giù la loro statura era pari all’altezza di un uomo ordinario, anche qualora avesse avuto una buona altezza. I loro arti erano proporzionati alla misura deformata dei loro corpi, ed era mostruoso vedere le loro teste, con i capelli all’altezza delle spalle. I loro occhi erano grandi quanto piccoli piatti."
León ha detto che le abitudini sessuali dei giganti erano rivoltanti per i Nativi e che il cielo li ha infine annientati a causa di queste abitudini.

Paiute

Si dice che i Paiute abbiano una tradizione orale che narra di cannibali bianchi, dai capelli rossi e alti circa tre metri, che vivevano nella cava oggi chiamata Lovelock, in Nevada, o nelle sue vicinanze. Non è chiaro se questa tradizione orale circa questi giganti Sitecah sia vera o sia un’esagerazione o una distorsione delle loro leggende, visto che i Paiute furono per la maggior parte uccisi o dispersi nel 1833 in seguito a una spedizione dell’esploratore Joseph Walker.
Brian Dunning di Skeptoid ha analizzato le leggende dei Paiute e non ha trovato alcuna menzione circa i giganti Sitecah. Sembra, però, che ci fosse un popolo che praticava realmente il cannibalismo e che viveva nella cava di Lovelock. Qui infatti sono stati ritrovati resti umani, e alcune ossa umane che non avevano il midollo, il che suggerisce che esso fosse stato mangiato.

Ipotesi

L'archeologia di tanto in tanto porta alla luce ritrovamenti sconvolgenti. Ossa "umane" di notevoli dimensioni sono state recuperate durante gli scavi in molti siti sparsi un po' ovunque sotto la superficie del nostro pianeta. Al netto dei tantissimi fake realizzati con photoshop, quelli di comprovata veridicità restano un quesito senza soluzione per gli studiosi. 
La mitologia e la storia si intrecciano dando vita ad ipotesi affascinanti. I miti greci del cacciatore gigante Orione, dell'omonima costellazione, e dei ciclopi come Polifemo, di eroi dalla forza sovrumana come Ercole e Aiace Telamone stuzzicano la fantasia degli studiosi più coraggiosi, che suggeriscono l'esistenza storica di questi personaggi, di natura non umana, o ibrida.
Gli Shardana, antichi abitanti della Sardegna, di origine ignota, erano un popolo guerriero di notevole altezza, secondo alcuni studiosi sono diretti discendenti del continente perduto di Atlantide, i cui superstiti, tra cui i Pelasgi o popoli del mare hanno colonizzato altre terre, dando origine, attraverso incroci con le popolazioni locali, ad etnie dalle caratteristiche fisiche particolari, come i Baschi e i Berberi. 
Molte raffigurazioni ritrovate sulle tavolette sumere mostrano la divinità di dimensioni maggiori rispetto ai "comuni mortali". Oltre a simboleggiare la deferenza verso questi esseri "superiori", queste illustrazioni potrebbero descrivere una reale differenza morfologica e fisica. Se questi esseri provenienti da altri pianeti fossero stati davvero dei giganti, e si fossero ibridati prima attraverso tecniche genetiche e poi attraverso rapporti sessuali con le prime forme di homo sapiens, avrebbero potuto dar vita ad una stirpe ibrida di esseri con un altezza abnorme. Una caratteristica che è andata scomparendo quando gli incroci tra le due "razze" diverse sono terminati. 
Le forme di gigantismo, studiate dalla medicina contemporanea, sono dovute a mutazioni e disfunzioni genetiche ed ormonali. Non è chiaro come questi geni e ormoni si attivino in modo sproporzionato in alcuni casi, forse è un retaggio dei nostri antichi progenitori, scritto nel DNA, che ci ricorda l'origine non propriamente terrestre della razza umana.