Altre
tecniche
Sintetizzando
quanto detto fin'ora, un guerriero utilizza per i propri scopi:
- La "ricapitolazione" dell'esperienze fatte nella propria vita
- "cancellare la propria storia personale",
- "essere inaccessibili" (follia controllata),
- porre l'agguato a se stessi (utilizzando anche i "pinches tiranos", oppure altre "tattiche" sempre utili a "muovere" il punto d'unione) ,
- "sognare" (lucidamente) ,
- maneggiare l'"Intento" ("creare", fare "miracoli" o cose "assolutamente impossibili" per la nostramente "razionale"; si suppone "creare" in quanto questo, è l'unico vocabolo associato a questo termine che si trova nei suoi libri. Tuttavia ripetiamo, che non ha mai espresso chiaramente nulla su quest'arte) .
Cerca
di arrivare alla meta però anche attraverso certe altre tecniche
(che Castaneda sempre "solo accenna", senza purtroppo
mai arrivare a spiegare fino in fondo), come: sviluppare lo
"stato d'animo del guerriero" (vedi, capitolo sull'Etica
castanediana), di cui la spietatezza è la base di partenza e
l’impeccabilità, la meta finale; usare "l'idea della
Morte" per "realizzarlo" (la "Morte come
Consigliera"), e assieme a questa adottare anche l'umiltà
del guerriero (che è molto diversa da quella dell'uomo comune) il
guerriero mirerebbe così a riguadagnare la propria libertà perduta,
che gli sarebbe stata tolta da entità chiamate da Castaneda
"esseri inorganici" (o "predatori", nel capitolo
"Ombre di Fango" del libro Il lato attivo
dell'Infinito); libertà di "percepire" veramente: chi è,
da dove viene, ma soprattutto.. dove sta andando.., e... dove
vuole andare. Per poi "concretizzare" appunto questo suo
"volere", grazie al "potere personale" che
avrebbe accumulato durante tutta una vita d'impeccabilità (essere
"impeccabili", fa parte dello "stato d'animo del
guerriero").
Parare
il "Dialogo interno": "Fermare il mondo"
Tutto
questo: i "pinches tiranos" e le tecniche descritte
(agguato, sogno, intento), aiuterebbero a raggiungere una delle
mete supreme (l'altra è la "spietatezza", e infatti vanno
“correlate”) del Guerriero, in quanto "chiave di volta"
per essere liberi (in questo caso di "percepire"): si
tratta del "silenzio interno", descritto da Carlos con
i termini: "parar il dialogo interno" (caratteristico della
mente dell'uomo). Detenere il dialogo interiore (o "fermare
il mondo" altrimenti detto), sarebbe il primo passo deliberato
(della mente) per cominciare ad accumulare potere. Sarebbe anche
il passo antecedente il "vedere" vero e proprio. Per
don Juan, detenerlo completamente è sobrietà completa; ossia è, al
suo culmine, l'impeccabilità a cui tanto aspira il
guerriero. Ogni atto di "potere" passa attraverso
quest'azione: nessun'azione di potere è cioè possibile, senza
prima aver detenuto il proprio dialogo interno (questo vale,
anche per la “spietatezza”).
Estratti
da Libri di Castaneda
"Il
dialogo interno è quello che ci fa arrastrare. Il mondo è cosí,
come è, solo perchè parliamo con noi stessi dicendoci che è
così; cambiare l'idea del mondo è la chiave del guerriero e di
tutte le manovre di stregonerìa; e l'unica maniera di riuscirci è
parando il dialogo interno. Sei come sei, tan solo perchè ti
dici a te stesso che sei cosí. Niente cambierebbe in te o nella tua
idea del mondo, senza prima fermare il dialogo interno. La
chiave del guerrero è il dialogo interno: qusta è la chiave
che apre tutto. "
"Quando
un guerriero apprende a pararlo, tutto si fa possibile; si realizzano
i piani più scervellati. Quello che un apprendista necessita è
fermezza; è la sobrietà e la forza. Parare il dialogo interno
è la sobrietà completa." [(E' da questo passaggio che capiamo
che parare il
dialogo
interiore completamente, corrisponde a essere impeccabili
completamente. Giacchè, in un altro passaggio, afferma che
l'"impeccabilità" è "sobrietà", sempre secondo
Don Juan.)]
"Generalmente
uno pensa e parla troppo. Dovremmo lasciare di parlare con noi
stessi. Ognuno di noi parla troppo con se stesso. Sosteniamo una
conversazione interna continua. Ci parliamo del nostro mondo,
anzi è di più, manteniamo il nostro mondo con la nostra
conversazione interna; quando terminiamo di parlare con noi
stessi il mondo sempre è come dovrebbe essere [(invece di "essere"
come "è" veramente. Con questo, Don Juan ci vuole dire che
"a seconda di come dovrebbe essere" secondo i nostri
"pregiudizi", crediamo e creiamo al mondo, però in questo
modo ci precludiamo la capacità naturale che abbiamo di
"vederlo", tal come è veramente; invece di "pensarlo",
dovremmo in verità "sentirlo". Allora, la verità
sorgerebbe davanti ai nostri stessi occhi, e nessuno potrebbe
ingannarci più su nulla)]. Lo animiamo, lo accendiamo di vita, lo
sosteniamo fermamente con la nostra conversazione interna; e non
solo è così, se non che addirittura scegliamo anche i nostri
propri cammini al parlare con noi stessi. Da lí che ripetiamo le
stesse preferenze.., gli stessi errori di sempre, una e un'altra
volta; fino al giorno della nostra morte."
"Un
guerriero lotta per parare la sua conversazione. Questo è l'último
punto che deve sapere colui che vuole vivere come un guerriero.
Dal primo momento in cui usiamo gli occhi per giudicare al
mondo, parliamo agli altri e a noi stessi circa quello che vediamo;
il brutto delle parole è che sempre ci fanno sentire
illuminati, però quando diamo la volta per affrontare il
mondo, sempre ci mancano e terminiamo affrontando il mondo tale
e come lo abbiamo sempre fatto: senza illuminazione alcuna. Per
questo motivo a un guerriero gli si precisa attuare più
che parlare."
Non-Fare
Estratti
da libri di Castaneda
"Il
primo passo deliberato per accumulare potere personale è permettere
al tuo corpo di "Non-
Fare".
Al corpo gli piace Non-Fare. Fare, è quello che fa di questa roccia
una roccia e di quest'arbusto un arbusto. Fare, è quello che ti
fa essere te te, e a me essere io. Questa roccia è una roccia
per tutte le cose che tu sai farle. Io chiamo questo Fare. Un uomo di
conoscenza, per esempio, sa che la rocca è rocca solo per il
suo Fare. [(Non-Fare è parte di una serie di "tecniche" fatte
per el corpo fisico affinchè "detenga la mente" -la
razionalità-, di cui molto poco ci parla Castaneda. Alcuni
pensano che possano essere per ciò relazionate con i suoi "Passi
Magici". La cosa certa è che, qualunque cosa che riesca a
"detenere la mente" può essere considerato come un
"Non-Fare". Qualsiasi esercizio fisico diretto a questo.
Una stessa cosa, può non essere quindi uguale per un'altra
persona. Alcuni "Non-Fare" possono risultare essere molto
individuali)]."
"Don
Juan restó in silenzio molto tempo. Sembrava lottare coi suoi
pensieri.
-Ti
ho già spiegato che il segreto di un corpo forte non consiste in
quello che fai, ma piuttosto in ciò che non-fai -disse alla
fine-. Adesso è tempo che tu non-faccia quello che sempre "fai".
Siediti qui fino a che non ce ne andiamo e non-fare. CON QUESTO
NON VOLEVA DIRE CHE SE NE RIMANESSE SOLO LI FACENDO IL TONTO.
CONTINUANDO, GLI SPIEGA IN COSA CONSISTE IL "NON-FARE" -Non
la capisco, don Juan. Mise le mani sulle mie note e me le tolse.
Chiuse scrupolosamente le pagine del mio blocchetto, le assicuró
col suo laccio e, dopo, le scaraventò come un disco volante lontano,
alla macchia. Iniziai a protestare, ma lui mi tappò la bocca
con la mano. Segnaló un arbusto grande e mi disse che fissara la mia
attenzione, non sulle foglie, ma sulle ombre delle foglie. Disse che
il correre nell'oscurità, invece di nascere dalla mia paura,
poteva ben essere la reazione molto naturale di un corpo giubiloso
che sapeva come "non-fare". Ripetè una e un'altra
volta, sussurrando nel mio orecchio destro, che "non-fare quello
che io sapevo fare" [IN QUANTO A PERCEZIONE] era la chiave
del potere . Nel caso di guardare un albero, quello che io
sapevo fare era infocare immediatamente le foglie. Giammai mi
preoccupavano le ombre delle foglie ne gli spazi tra di esse. Le
sue raccomandazioni finali furono che iniziara a infocare le ombre
delle foglie di un solo ramo per poi dopo, senza fretta,
ricorrere tutto l'albero, e che non lasciassi che i miei
occhi tornassero alle foglie, perchè il primo passo deliberato
per accumulare potere personale, era permettere
al
corpo di "non-fare". Forse fu per la mia fatica o per
l'agitazione nervosa, però mi assorbì a tal grado nelle ombre
delle foglie che per quando don Juan si mise in piedi io potevo già
quasi aggruppare le masse oscure delle ombre tanto
effettivamente come per lo generale facevo per le foglie. L'effttto
totale era sorprendente. Dissi a don Juan che mi sarebbe
piaciuto fermarmi un altro po'. Lui rise e mi dette palmate sul capo.
-Te l'ho detto -rispose-. Al corpo gli piacciono queste cose. Poi mi
disse che lasciassi che il mio potere accumulato mi guidasse
attraverso gli arbusti fino al mio block notes. Mi spinse soavemente
alla macchia.
Camminai
al azar un momento e quindi la trovai. Pensai che dovessi aver
memorizzato inconsciamente la direzione verso cui don Juan
l'avesse tirata. Lui spiegò l'evento dicendo che andai direttamente
verso il block notes perchè il mio corpo si era imbevuto per
ore del "non-fare".
La
Potenza del "Non-Fare"
Anche
se non pensava a niente in assoluto, con un'altra parte della
propria "Totalità" del suo essere luminoso, fu dritto
dritto verso il suo block notes e riuscì a trovarlo
senza "pensarci", senza pensare a niente in assoluto!
E' chiaro che, quello che "trovò" il blocchetto, fu
IL "POTERE". Il linguaggio "castanedico" su
questo punto, è che: "il corpo" lo fa. L'intelligenza del
corpo". Nell'insegnamento castanedico, il corpo è di somma
importanza. NON SI IMMAGINANO, NE SI ASSUMONO COSE "spirituali",
o di FEDE. IL CORPO, E' IL PARAMETRO.
Etica
castanediana
Principi
e regole del Cammino del Guerriero
Non
c'è un concetto di "fare il bene" e non seguire "il
male" come in altri pensieri. La sua filosofia più che
altro, si basa essenzialmente nel far presa delle proprie risorse
interne individuali di ciascuno, per la realizzazione di
obbiettivi piuttosto personali.
L'"Oblio"
Recuperare
la TOTALITA' di Se Stessi
Nei
libri di Carlos Castaneda, se colui che li legge si prende la briga
di arrivare fino in fondo non fermandosi ai primi ma leggendo
anche i suoi ultimi, risulta chiara per lo meno una cosa: come nello
sciamanesimo più tradizionale, l'autore afferma di essere stato
trasportato a differenti livelli dimensionali di coscienza. Quello
che lui apporta come "nuovo" in questo, è il concetto
che.. noi tutti saremmo "schiavi" (la maggior parte
dell'umanità) di uno in particolare, quello da lui definito: la
"prima attenzione". Questo si deduce per esempio
quando utilizza termini come "essere schiavi di rutine.." e
poi, in altri libri, che "le stesse rutine" di sempre
sarebbero il prodotto della "fissazione" del "punto di
unione" in questa "prima attenzione", mantenuta
lì per il proprio "dialogo interno" a sua volta indotto e
propiziato da "esseri inorganici" dichiaratamente
cattivi (los "Voladores") e dominatori del genere umano,
interessati cioè energeticamente a "vampirizzarlo".
(per approfondire, vedesi il capitolo sulla "Cosmovisione") Tutti
"concetti nuovi". Nello Sciamanismo classico non si sono
mai menzionate questo tipo di cose, per lo meno non in quello
aperto alle masse, giunto fino a noi; e poi così dettagliatamente,
abbondando in "definizioni".
L'autore
vuole dimostrare questo quando, nei suoi libri, relata gli stessi
avvenimenti che gli sarebbero successi narrandoli però da una
prospettiva diversa: quella delle due attenzioni. Nei suoi successivi
libri, infatti, cambia gli stessi episodi, raccontandone questa
volta le esperienze fatte che a suo dire si era dimenticato
proprio per trovarsi, in quelli, nella seconda attenzione. Ne
deduciamo che: la propria coscienza, cambiando di "attenzione",
dimeticherebbe in effetti tutto. Completamente. E, tornerebbe a
ricordarselo, solamente quando il "movimento" del punto di
unione verrebbe a collocarlo in quell'esatta posizione in cui si
sarebbe trovato allora. Questo è il "concetto chiave":
"l'oblio". Il "dimenticarsi" le cose; le
esperienze, i ricordi. Quando don Juan lo faceva passare
continuamente da un'attenzione all'altra, avrebbe infatti
dimenticato completamente tutto; e solo con moltissima fatica
sarebbe poi, a distanza di anni, riuscito a recuperare quei ricordi..
Quelli che lui definisce appartenenti alla seconda attenzione (non
della prima quindi; la quotidiana, quella di tutti i giorni).
Non
essendo legati alla "coscienza ordinaria", quei ricordi
avrebbero potuto essere recuperati secondo il suo maestro, solo,
atraverso una procedura ugualmente "non ordinaria".
Muovere
il "punto di unione", e tutte le tecniche ad esso
relazionate per riuscirci, rappresenta appunto questa procedura.
La
"guerra" per la "Libertà Totale"
Al
dimenticarsi uno di se stesso, dei suoi propri "pensieri",
sentimenti,..ecc,.. come potrebbe essere "libero"? Se,
come asserisce nei suoi libri, stando in una "attenzione"
(che è uno stato della "percezione" specifico
e particolare) si "crede" una cosa e la si prende per
vera e poi dopo, allo "svegliarci" in un'altra, quegli
"stessi concetti" che si "credevano" tanto
veri cambiano, o addirittura "svaniscono"... Come potrebbe
mai uno esserlo veramente?
La
risposta sarebbe, e ce la pone nella stessa bocca di Don Juan:
"nessuno è libero di sentire e pensare veramente, anche se
la cosa gli sembri incredibile"; e questo concetto sarebbe così
vero, da porlo per questo come premessa.
La
risposta sarebbe: il "cammino del guerriero". Ecco perchè
si maneggia il concetto della "guerra". In questo
senso, sarebbe: la battaglia che a "minuto".. , ad "ogni
istante", la persona che voglia intraprendere questo
sentiero libera per "recuperare la propria coscienza". Per
essere "libero" di non dimenticare mai più i propri
"sentimenti", "emozioni", pensieri, ricordi..
Raggiungere
la "totalità di se stessi", significa innanzitutto questo.
Nel
capitolo "Ombre di fango" del suo penultimo libro Il Lato
Attivo dell'Infinito, parla in maniera più approfondita degli
esseri inorganici (los predatores o voladores) che ci
"installerebbero" propriamente detto una "seconda
mente"; Don Juan, come "veggente", gli assicurava che
al "vedere energeticamente" la regione della testa
umana, si notava un "movimento anomalo", non naturale come
avrebbe dovuto essere.
L'autore
Domingo Delgado maneggia lo stesso concetto quando afferma, per
esempio, che "tanto forte" sarebbe qui "in questa
parte di Aura Negra" (vedi cap Cosmovisione) questa "schiavitù"
proporzionataci da questi esseri (lui ci parla anche di "punto
di unione collettivo", concetto assente in Castaneda), che
nemmeno un vero Nagual, persino il più forte che ci sia,
sarebbe capace al cento per cento di vincerla.
Anche
Carlos del resto nel suo libro Passi Magici, afferma che "l'energia
tendonica" più sviluppata che avesse mai "visto",
quella di Don Juan suo maestro, non andava d'altronde più in su del
suo collo.. Possiamo vedere in questo una similitudine.
Per
quale motivo ci installerebbero una seconda mente? Che senso avrebbe,
quello di non permettere di lasciarci liberi di pensare come noi
umani, "normalmente", faremmo?
Nei
suoi libri dichiara, sempre mettendolo sulla bocca di Don juan, che
una "razza" specifica di questi "esseri"
inorganici si ciberebbe dei nostri "sentire". Che ogni
"nazione", sarebbe una specie di "fattoria"
distinta per loro. E che, la "guerra" verso la "libertà"
che un "guerriero" affronta, innanzitutto è
questa. La cosa più corretta, sarebbe: "sentire" e
"pensare" come uno "vuole".. como uno "è"...
e, soprattutto, "per lui" medesimo; non per alimentare
un chissà quale tipo di essere inorganico, sia del "bando
buono" che "cattivo". Ed è qui, che sta,
un'ennesimo concetto importante che contraddistingue questo pensiero
da quasi tutti gli altri! Sia Carlos Castaneda che Domingo
Delgado Solorzano infatti, scrivono al rispetto che: "anche
gli esseri inorganici buoni (di luce; chiamati "recettori"
da Domingo), ci "schiavizzerebbero" in ugual modo, con
i loro "intenti". Per questo, si utilizza la formula:
"Libertà totale". E', anelare a essere liberi veramente,
di essere buoni o cattivi per usare un termine, quando e perchè
così uno lo decide per sua propria volontà interna; non per
un'altra che arrivi direttamente "dall'alto", o "dal
basso", o da chissà quali strani "esseri"..
Azione
nel "punto zero"
Don
Juan nei libri di Castaneda, afferma che un guerriero non sarebbe più
attaccato all'"immagine" che avrebbe di "se
stesso", per consumargli questa troppa energia; così che, il
suo "io" diventerebbe molto "impersonale",
fondendosi in pratica con quello dello stesso Spirito. Esattamente a
questo era dovuto il fatto che, anche se esteriormente le sue
azioni avrebbero potuto apparire molto "buone" o "morali"
ai più, al guerriero in realtà non gl'importava un comino che
lo fossero. L'unica cosa che gl'importava veramente, era che
esse fossero un fedele "riflesso" della "Volontà
della Grande Aquila" (del Grande Spirito).
Nel
libro di Taisha Abelar (un'apprendista di don Juan al pari di
Castaneda), Donde cruzan los brujos, l'autrice spiega questo
concetto utilizzando queste parole: un guerriero deve tenere la
propria azione sempre nel "punto zero", significando
con questo il suo totale "equilibrio" e neutralità, con
rispetto alle "forze che ci governano"; e dovrebbe
"fissarsi" unicamente sulla "volontà" dello
Spirito, il "Potere Supremo", che rimane al di là
degli oposti. Anche Castaneda (suo maestro di fatto), maneggia gli
stessi concetti.
Tutto
questo fin qui riportato, sono logiche conclusioni a cui si arriva da
quello che si legge nei libri e dagli autori nel loro insieme in
generale, che è precisamente la meta de questo manuale; non lo
troviamo mai, voglio dire, così tanto "chiaramente"
scritto e spiegato nei soli libri di Castaneda (e, alla data in
cui scrivo, di nessun altro).
Scegliersi
un "Cammino-con-un-Cuore" Per lo meno su questo punto,
possiamo dire che tutti gli autori sono d'accordo. Don Juan, nei
libri di Carlos, dice: un "guerriero" solo si sceglie un
cammino con "corazòn".... Ogni cammino, di uno o di
un altro, sono lo stesso, essendo che tutti abbiamo lo "stesso
destino": ossia .. la morte (non si maneggia il concetto di
reincarnazione). Per questo, un guerriero, solo si sceglie "un
cammino che abbia un cuore", uno cioè che gli proporzioni
"felicità" ad ogni istante.. perchè, non ha senso
vivere nell'infelicità, se non solo quello di alimentare
eventualmente a "questi esseri" inorganici di cui
parlavamo prima.
Le
predilezioni del Guerriero
Il
"Cammino del Cuore" di un guerriero è fatto dalle seguenti
premesse che sono le sue "predilezioni" intime. Al non
esserle, la persona si sarebbe semplicemente equivocata di
cammino. Assieme a queste egli porta avanti anche una serie di
tecniche descritte nel capitolo dei fondamenti del suo pensiero. La
cosa più importante di tutte, comunque, rimane riuscire a conseguire
"lo stato d'animo del guerriero". Lo stato d'animo
giusto, da cui bisogna partire.
Senza
di esso, ogn'altra azione è inutile.
L'
"Animo del Guerriero"
Estratti
da libri di Castaneda
Nessuno
nasce guerriero, esattamente così come nessuno nasce essendo un
essere razionale, schiavo della ragione. Noi ci facciamo l'uno o
l'altro. Nella vita del guerriero solo c'è una cosa, un unico
assunto che in realtà non è deciso del tutto: quanto lontano possa
uno avanzare nella via del conoscimento ed il potere. L'allegria
del guerriero gli viene dall'aver accettato il suo destino ed
aver calcolato in verità quello che lo [ci] aspetta. Un
guerriero solo deve star pronto per la battaglia [finale].
La
cosa più difficile a questo mondo è adottare l'animo del guerriero.
Un guerriero non può sentirsi alla deriva ne sconcertato ne
spaventato sotto nessuna circonstanza. Per riuscire nell'impresa
di sentirti infelice, lavori intensamente. E' da stupidi che tu
non ti sia mai reso conto che per sentirti completo e forte hai
bisogno della stessa quantità di lavoro. Il trucco sta in quello
che uno ricalca; o ci facciamo infelici o ci facciamo forti: lo
sforzo è lo stesso. Non c'è bisogno di confondersi; la
confusione è un sentimento nel quale uno si mette però allo stesso
modo può uno uscirne.
Non
serve a niente essere tristi, lamentarsi e sentirsi giustificati di
farlo, credendo che qualcuno sempre ci stia facendo qualcosa.
Nessuno gli fa niente a nessuno e meno ancor ad un guerriero [(questa
frase, come molte altre, è sempre stata molto mal'interpretata
-tirandola fuori dal suo contesto, come "pretesto" per
giustificare altre cose-, è piuttosto relazionata invece con i
concetti espressi nel secondo e terzo Accordo di Miguel Ruiz, a
loro volta ripresi sempre dal pensiero di Castaneda.)]
La
pena e la compassione per se stessi non incastrano nella vita di un
guerriero. Guardati; tutto ti offende e ti inquieta. Gridi, ti
lamenti e senti che il mondo ti fa ballare a suo piacimento; sei una
foglia in balia del vento. Un guerriero può soffrire danno ma non
offesa. Un guerriero deve avere serenità e compostezza e mai
perdere il senno. Per un guerriero non c'è niente di offensivo nelle
azioni dei suoi simili mentre lui stesso stia attuando dall' animo
corretto.
Il
tuo spirito è disequilibrato, per contrarrestare questo, ti insegno
la vita del guerriero. Allora dunque, un guerriero inizia tal
l'impresa con la certezza che il suo spirito sia in disequilibrio, ma
che a minuto che va acquisendo potere e conoscenza, va anche
acquisendo, il meglio che può, questo equilibrio. Nel tuo caso,
come in quello della maggior parte degli uomini, la tua mancanza
di equilibrio si deve alla somma totale di tutte le tue azioni.
Il tuo spirito sta deformato; devi semplicemente ricomporlo
-[(purificarlo, renderlo perfetto)]- dato che durante la nostra vita
non c'è altra faccenda maggiormente degna di essere compiuta.
Non riaccomodare lo spirito è cercare la morte; e questo è
uguale che non cercare niente, beh.. la morte ci raggiungerá
comunque. Cercare la perfezione dello spirito è [(invece)]
l'unica impresa degna della nostra umanità. Sei ridotto a pezzi, e
ti devi ri-unire di nuovo.
Non
c'è errore nel cammino del guerriero; seguilo e nessuno potrá
criticare i tuoi atti. Il cammino del guerriero è accumulare
ciò che apprendi senza presumere [(di sapere)] niente e senza farti
il caricatevole [(in questo caso: di "conoscimento")].
Fallo cosí, e nessuno potrá trovare errore in quello che fai.
Un guerriero sempre sta pronto. Essere un guerriero non è
semplicemente una questione di "voler esserlo"; è
piuttosto, una lotta interminabile che segue fino all'ultimo
istante delle nostre vite.
Tu
"rufianeggi" per altri; non pianifichi le tue proprie
battaglie ma le battaglie di altri. Tutta la tua
vita
gli hai "presunto" a tutto il mondo e con questo, chiaro,
credi di poter collocarti automaticamente al di sopra di tutto,
e di tutti. Però tu stesso sai che questo non è vero. Sei solo
un uomo e la tua vita è troppo breve per abbracciare tutte le
meraviglie e tutti gli orrori di questo mondo prodigioso. Per
ciò, questo tuo modo di fare è una cosa schifosa che ti fa rimanere
molto male; ed alla fine, le tue scuse non hanno il potere di
cancellare i tuoi atti.
L'animo
del guerriero implica che questi si controlla ed allo stesso tempo si
lascia andare. Deve aver un certo grado di abbandono e al
contempo, un certo grado di controllo su di se stesso. Un guerriero
è un cacciatore, per tanto, tutto lo calcola: questo è il suo
controllo; però una volta terminati i suoi calcoli, attua, si
lascia andare: questo è il suo abbandono. Un guerriero non è una
foglia in balia del vento. Nessuno lo pressiona. Nessuno lo obbliga a
fare cose contro il suo animo o contro di quello che giudica
corretto. Una delle manovre del guerriero è quella di non permettere
mai che nulla lo turbi in niente. Può anche star vedendo allo stesso
demonio, che giammai lascerá qualcuno se ne accorga. Il
controllo che ha il guerriero deve essere impeccabile. Riuscire
a realizzare l'animo del guerrero, rappresenta una rivoluzione.
L'
Umiltà del guerriero
Estratti
da libri di Castaneda
Un
guerriero procede sempre come se avesse un piano perchè si fida del
suo potere personale.
Un
guerriero ha suprema fiducia in se stesso. La fiducia del guerriero
non è la fiducia dell'uomo comune; l'uomo comune cerca la
certezza negli occhi dello spettatore e chiama questo: "fiducia
in se stesso". Il guerriero cerca [(invece)] la fiducia nei
suoi propri occhi, e chiama questo: "Umiltà". L'uomo
comune sta "agganciato" ai suoi propri simili, mentre un
guerriero dipende solo da se stesso. Vai dietro l'impossibile;
cerchi la fiducia dell'uomo comune, quando dovresti cercare l'umiltà
del guerriero. C'è una differenza fra le due cose: la "fiducia"
implica sapere qualcosa con certezza; "l'umiltà",
essere impeccabili con le azioni e i sentimenti.
Cosicchè,
essere un guerriero significa essere umile e vigile. Un guerriero
prende la sua sorte
qualunque
essa sia e l'accetta con la massima umiltà. Si accetta in umiltà
tal com'è, non come
base
per lamentarsi, ma come base per la sua continua lotta e sfida.
L'umiltà del guerriero non è quella del pezzente. Il guerriero
non abbassa la testa davanti a nessuno, però allo stesso tempo non
permette neanche a nessuno di abbassarla davanti a lui; invece,
l'accattone, alla minor provocazione, chiede pietà in ginocchio
e si butta a terra per essere calpestato da chiunque consideri più
elevato. Allo stesso modo poi, esige che coloro che siano più in
basso facciano altrettanto. Io, solo conosco l'umiltà del
guerriero e questo non mi permetterà giammai essere padrone
di nessuno. A te, ti piace l'umiltà del pezzente: abbassi la
testa davanti alla "ragione".
La
"Morte come Consigliera"
Estratti
da libri di Castaneda
La
morte è la compagna inseparabile del guerriero; si siede al suo
fianco. "Ogni pezzetto di conoscenza che diventa potere, ha
la morte come sua forza centrale". La morte da l'ultimo tocco e
quello che la morte tocca.. diventa in realtà potere. La morte è la
nostra eterna compagna; sempre sta alla nostra sinistra alla
distanza di un braccio. Quando sei impaziente, quello che devi fare
è voltarti alla tua sinistra e chiedere consiglio alla tua
morte. Un'immensa quantità di meschinità si perdono con solo
sapere che sta vigilandoti. La morte è l'unica consigliera saggia
che abbiamo. Ogni volta che senti, come sempre fai, che tutto ti
sta andando male e che stai a punto di essere annichilato,
girati verso la tua morte e domandale se è vero; lei ti dirá che ti
sbagli; che niente è più importante se non il suo tocco. La
tua morte ti dirá: ancora non ti ho toccato. Il guerriero pensa
alla sua morte quando le cose perdono chiarità. Il guerriero
considera alla morte la consigliera più trattabile, che può
venire anche ad essere testimone di tutto quanto si faccia.
L'idea della morte è l'unica che tempra il nostro spirito.
Nessun commento:
Posta un commento