Il presidente della BCE Mario Draghi (mai cognome fu più indovinato) in questi giorni ha affermato che l'euro è irreversibile e che l'opzione di un uscita dall'euro da parte di uno Stato non è contemplata nel trattato europeo. Insomma un altro dogma economico.
Siamo quindi schiavi di una moneta che ci rende sempre più poveri senza via di scampo. E' in atto una sorta di tirannia monetaria non voluta dai cittadini, mai votata, decisa da pochi.
Intanto la Merkel lancia l'idea di un Europa a due velocità, con un euro forte riservato ai Paesi con economie più floride, e un euro debole che dovrebbe servire alle economie degli Stati in difficoltà. Si tenta questa nuova soluzione per tenere in vita un Europa ormai arrivata alla naturale conclusione, preso atto del fallimentare tentativo per la ripresa economica noto come "quantitative easing", il gettito di moneta che finisce dritto nelle casse delle banche. Fiumi di soldi che sono serviti solo a non far fallire le banche indebitate da investimenti fallimentari. Tuttavia nell'economia reale non arriva quasi nulla perché gli istituti di credito non concedono mutui e prestiti facilmente. L'UE sembra un pugile suonato in attesa del colpo del K.O., Trump dall'altra parte del mare invita i paesi della Nato a contribuire maggiormente per le spese della difesa, e la Le Pen in Francia annuncia l'uscita da Euro, Nato ed Onu in caso di vittoria alle prossime elezioni transalpine. La cina e la Russia si ergono a nuove potenze economiche e militari. Israele approfitta del caos per costruisce nuovi insediamenti per i coloni nei territori palestinesi. In questo campo di battaglia tra draghi feroci si muove come un pulcino spaurito la piccola Italia. Il premier Gentiloni firma un accordo col debole governo libico per fermare l'afflusso di migranti, e intanto si dice favorevole ad un euro a due velocità sperando di finire nel gruppo dei forti. Mentre fuori si prepara la tempesta perfetta, c'è chi aspetta passivamente il salvatore della patria, che si chiami Grillo, Renzi, Salvini, poco importa, tra il Festival di Sanremo e il calcio siamo troppo occupati per pensare al nostro futuro.
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