Lo sciamanesimo eschimese (o meglio,
inuit) è una delle più importanti tipologie di sciamanismo. Esso si
estende in un‟ampia zona geografica che va dal Canada all'Alaska,
dalla Groenlandia all'Asia. In realtà abbiamo a che fare con
diversi tipi di sciamanismo eschimese. Ne tratteremo alcuni,
concentrandoci soprattutto su: il divenire sciamani, la chiamata,
l‟iniziazione, la funzione dello sciamano all'interno della sua
comunità, i suoi poteri e le sue capacità, i viaggi sciamanici e i
fenomeni ad essi connessi, il rapporto con gli spiriti, il modo
peculiare dello sciamano di "vivere il mondo", le tre regioni dei
morti con cui lo sciamano ha contatto.
Diciamo subito che la parola "eschimesi" è ritenuta offensiva. Perché? Il fatto è che
quelli che noi chiamiamo eschimesi, in realtà non si chiamano essi
stessi eschimesi. "Eschimesi" è una parola indiana (d‟America,
ovviamente!) del popolo Cree che significa "mangiatori di carne
cruda". Insomma: è un termine dispregiativo, che negli studi
antropologici non è più usato ormai da un po' di tempo. Il
termine esatto è dunque "Inuit", che significa "popolo" nella lingua inuktiut.
In realtà quindi si deve parlare – più correttamente – di
sciamanesimo inuit.
Poi, facciamo un'altra precisazione
di una certa importanza direi. Non dobbiamo pensare – quando
parliamo del popolo Inuit – di una etnia geograficamente ben
delimitata, uniforme nelle sue credenze, nelle sue usanze, ecc. Anche
qui – purtroppo – le cose sono un po' più complicate di quanto
si potrebbe pensare. Cioè: ci sono diversi tipi di popoli inuit: in
Canada, in Alaska, nella Groenlandia, nell'Asia. E quindi ogni
popolo avrà specifiche sue proprie, anche naturalmente per quanto
riguarda la religione. Questa è una cosa da tenere a mente quando
parleremo di sciamanesimo: non tutti gli inuit credono nelle stesse
cose, hanno gli stessi riti, ecc.
Una caratteristica degli inuit, che è
propria – a dir la verità – ad ogni cultura "primitiva",
tradizionale, è la loro praticità. Praticità nel senso che
l'importante è soprattutto il presente. Non c'è tanto la
ricerca metafisica della origine primordiale, dei destini dell‟anima
dopo la morte, del destino degli uomini; oppure: quando c'è,
questa è strettamente legata ad esigenze della vita presente. Le
cose importanti sono qui, in questo mondo, in quello che in esso
accade. Non esiste una supernatura, sede di ciò che è spirituale,
divino, ecc. Tutto è natura e tutto è nella natura: gli dei, gli
spiriti non sono trascendenti, ma immanenti. Quando si parla di dio
del cielo, della foresta, spirito del tal albero, del tal luogo…
non si stanno usando delle metafore, dei simboli: si vuole veramente
dire quello che indicano queste parole. La realtà va dunque
conosciuta, per potere risolvere i problemi che si presentano nella
vita comunitaria e individuale. Quando Rasmussen, uno dei primi
antropologi a fare ricerca sul campo tra gli inuit, chiese alla sua
guida inuit in cosa credesse, gli venne risposto: “Noi non
crediamo, noi abbiamo paura”.
Detto questo, cominciamo a parlare
dello sciamano nella cultura inuit. La parola per indicare lo
sciamano nella lingua degli inuit è Angakok. Chi è? È il dottore,
il consigliere,
il guaritore. Però, attenzione: non è il capo della tribù. Capo
della tribù è la persona più anziana, quella considerata con
maggiore esperienza, soprattutto esperienza nella caccia, cioè nel
procurare il cibo e quindi assicurare la sopravvivenza della
comunità. Un'altra cosa: a volte alcuni pensano allo sciamano al
singolare, ma non è sempre vero. Nel caso degli inuit, in uno stesso
villaggio possono esserci più sciamani. Adesso, non vorrei fare dei
paragoni troppo azzardati e che trovano il tempo che trovano, però
pensiamo agli sciamani come a dei medici. C'è medico e medico, chi
bravo chi meno, chi specialista in un campo chi in un altro: ecco, un
analogo discorso lo si può fare per gli sciamani. Un altro elemento
che troviamo nella cultura inuit: non è detto che gli sciamani siano
solo uomini; ci sono casi anche di sciamane. Questa caratteristica,
certo, non è esclusiva dello sciamanesimo inuit, ma non è neppure
presente in tutti i tipi di sciamanesimo.
Adesso però entriamo nel merito della
carriera dello sciamano. Prima di tutto: chi può diventare sciamano?
Dipende. Dipende dal popolo inuit con cui abbiamo a che fare.
Prendiamo il caso degli eschimesi Ammasilik. Tra gli ammasililk è lo
sciamano che decide chi può e chi non può diventare sciamano. Il
futuro sciamano viene scelto ancora giovane. Il problema che ci si
pone è duplice: da una parte la necessità che le conoscenze
detenute dallo sciamano anziano possano essere mantenute per le
generazioni a venire; dall'altra l‟esigenza di formare il futuro
sciamano fin da giovane, potendo meglio incidere sulla sua
personalità, sulla sua crescita. Naturalmente ci sono delle
caratteristiche nel ragazzo e che indurranno lo sciamano a scegliere
proprio lui tra i molti. Queste caratteristiche sono varie:
l‟isteria, la predilezione della solitudine, la visionarietà, i
contenuti dei sogni, la nascita in certi luoghi considerati "di
potere", i segni sul corpo, lo sguardo, ecc. Lo sciamano anziano
non si impegna a formare il futuro sciamano in modo totalmente
gratuito: egli viene pagato, facendo parte del suo lavoro. Inoltre lo
stesso maestro sciamano non tiene dietro ad un solo ragazzo, ma può
– spesso – avere sotto di sé diversi ragazzi da formare.
Ci sarà quindi un periodo più o meno
lungo di indottrinamento del futuro sciamano da parte dello sciamano
anziano, nell'isolamento più completo. I luoghi variano da
tradizione inuit a tradizione inuit, da sciamano a sciamano: tanto
per dirne alcuni, la foresta, la montagna, la grotta, la capanna,
luoghi insomma ritenuti "altri" dalla vita quotidiana, dalla
comunità. In questi luoghi cosa viene insegnato? La mitologia che fa
parte della particolare tradizione inuit di cui il ragazzo sarà
sciamano, si insegneranno i nomi degli spiriti, le loro
caratteristiche, ma soprattutto e prima di tutto si procederà alla
realizzazione di quella fase importantissima che viene detta
iniziazione. Come spesso accade nelle iniziazioni, anche qui abbiamo
a che fare con una o più prove che il futuro sciamano dovrà
superare. Nel caso inuit una pratica spesso usata come premessa alla
iniziazione è quella dello sfregamento delle pietre. Il ragazzo, in
solitudine, viene abbandonato a sfregare una pietra contro l'altra,
avendone ognuna in una mano. Spesso non sono pietre comuni, ma di
proprietà dello sciamano anziano, o comunque con certe proprietà di
forma, colore e durezza. Lo sfregamento continuo (ricordiamoci:
stiamo parlando di ore, di giorni) produce uno stato alterato nella
coscienza, un affaticamento e obnubilamento psichico notevole.
Durante
tutto il periodo di sfregamento delle pietre, il giovane deve
osservare tutta una serie di limitazioni nel mangiare, nel bere, nel
dormire, nelle sue attività sessuali, ecc.
Uno spirito di potere, spesso l‟animale
ritenuto lo spirito dominante in quella particolare cultura inuit, si
fa presente e "ucciderà" il ragazzo. È qui che ha inizio il
vero e proprio processo di iniziazione: bisogna morire al vecchio
uomo per rinascere all'uomo nuovo, tanto per usare le parole di
Paolo di Tarso. L'uccisione avverrà in un modo molto "fisico",
realistico: l‟animale strapperà la carne del giovane, arriverà
allo scheletro e il giovane morirà. In questo momento di morte
rituale, psichica, il ragazzo entrerà in uno stato che non
appartiene alla veglia e nemmeno al sonno: è un principio di viaggio
nell'altro mondo, un mondo non ancora conosciuto, abbastanza
anonimo e dai tratti oscuri. Questo stato di morte potrà durare
alcune ore, ma anche alcuni giorni. La rinascita avverrà attraverso
il ritrovamento da parte del ragazzo della sua carne e dei suoi
vestiti: tutto tornerà a lui, ma nulla sarà come prima. Potremmo
dire: la stessa pelle, gli stessi vestiti, ma contemporaneamente una
pelle diversa, dei vestiti nuovi. La riduzione della persona all'osso
non è qualcosa di casuale. Si ritiene che siano le ossa la parte
dell‟uomo con maggior potere, da cui proviene – diciamo così –
la carica sciamanica. Insomma: nelle ossa sta l‟essenza. Nel
periodo di spogliazione del proprio corpo l‟iniziando deve,
attraverso uno sforzo di concentrazione prolungato nominare
mentalmente (a volte anche vocalmente) ogni singola parte del proprio
corpo, ogni suo osso, utilizzando un linguaggio speciale,
insegnatogli dal suo maestro.
Ma il giovane sciamano, arrivato a
questo punto, ha solamente iniziato la sua preparazione. Certo,
l‟iniziazione vera e propria, la dura prova è stata superata, ma
il suo percorso è ancora lungo. Soprattutto lo sciamano deve
acquisire la conoscenza, una conoscenza non solo teorica ma assai
personale, diretta, vissuta, dei diversi spiriti ausiliari che gli
saranno di estremo aiuto nel suo "lavoro‟ da sciamano. Più uno
sciamano ha esperienza di questi spiriti, più ne conosce e più sarà
potente. Le pietre da sfregare non vengono abbandonate, ma si
continua a sfregarle nella ricerca degli spiriti. Questa ricerca va
avanti per degli anni, anche se limitata ad una parte dell'anno,
spesso una stagione. Lo stesso ragazzo, una volta iniziato, potrà
fare esperienza con diversi sciamani della sua comunità. Passare da
un maestro all'altro gli permetterà di venire a conoscenza e di
praticare tecniche nuove e soprattutto gli consentirà di "aggiungere‟ nuovi spiriti ausiliari al suo "bagaglio‟.
Ora abbiamo parlato di ciò che
avviene nel reclutamento di un nuovo sciamano nello sciamanismo
ammasilik. E abbiamo anticipato: non in ogni cultura inuit accade la
stessa cosa. Infatti ci sono altri tipi di sciamanismo inuit in cui
non è lo sciamano anziano a scegliere chi diventerà nuovo sciamano,
ma è il giovane che si fa avanti. Prendiamo l'esempio dello
sciamanismo Iglulik. In questo caso colui il quale aspira a divenire
sciamano si presenta al maestro sciamano, spesso con un dono e
dichiarando la sua volontà. Perché un giovane vuole diventare
sciamano? Be', ovviamente c'è un aspetto sociale da tenere conto
nella carica di sciamano: cioè lo sciamano è rispettato, onorato, a
volte ben pagato. Nella struttura della comunità, egli è in una
posizione di un certo prestigio, quindi in una posizione auspicabile
secondo alcuni. Poi a volte ci sono segnali
(spesso sogni o visioni in stato di veglia) che inducono il giovane a
sospettare che agisca in sé una chiamata sciamanica. Altre volte c'è
il desiderio fortemente sentito di divenire capace di entrare
nell'altro mondo, di accedere alla dimensione degli spiriti, di
potere "vedere‟ – come a volte si dice.
Una volta che il giovane fa la sua
richiesta al maestro sciamano, quest'ultimo si ritira ad
interrogare gli spiriti: è bene accettare la richiesta di questo
giovane? C‟è qualcosa in lui che si oppone alla sua volontà di
diventare sciamano? Vanno risolti alcuni problemi che si interpongono
al suo discepolato? Il secondo passo è che il giovane si purifichi:
questo avviene attraverso tutta una serie di pratiche, di ritualità,
a volte si procede anche con una vera e propria confessione delle
colpe commesse e a volte a questa confessione partecipa anche la
famiglia del ragazzo. Poi c'è un periodo di istruzione in senso
stretto da parte del maestro all'allievo: in questo periodo (più o
meno una settimana) l'allievo si reca dal maestro ogni giorno, in
momenti fissati della giornata (per esempio all'alba, al picco del
sole, al tramonto, prima di coricarsi), e si attiene a un tipo di
vita castigato (così come abbiamo visto per lo sciamanesimo
ammalik). Terminato questo periodo, il giovane dovrà proseguire il
suo percorso in solitudine e concentrazione. Arrivato il momento in
cui il maestro sciamano ritiene l'allievo pronto all'iniziazione,
quest‟ultimo viene sottoposto – anche qui - ad una specie di "morte rituale‟. In questo caso però è il maestro stesso a
disintegrare la persona del giovane. Egli mima una specie di prelievo
della parte animica presente nel corpo del giovane: la preleva dalla
pancia, dal sesso, dalla testa, dagli occhi, dalla bocca.
Teatralizza, drammatizza una vera e propria operazione chirurgica in
cui si procede ad una sorta di estrazione. Ricordiamoci che una delle
più importanti, anzi possiamo dire: l'essenziale capacità che
caratterizza lo sciamano è quella di compiere viaggi con la sua
anima. Dunque in questa iniziazione si induce al nuovo sciamano
questa capacità, la prima volta quindi coadiuvata dal maestro. Ed è
anche una specie di presentazione dell'anima del nuovo sciamano
agli spiriti; come dire: ecco l‟anima che verrà a far visita nel
vostro regno, accoglietela. In ultimo, il maestro sciamano trasmette
al suo allievo il qaumaneq, la luce, l'illuminazione, il lampo.
Anche qui, ovviamente, c'è un iter più o meno lungo, cui si deve
sottoporre il giovane per ottenere questa luce. Soprattutto egli deve
stare per lungo tempo in stato di contemplazione degli spiriti, di
apertura – diciamo così, di invocazione. Il momento in cui il
qaumaneq gli viene trasmesso dal mondo degli spiriti (spesso dallo
spirito della Luna) è un momento speciale, in cui accadono eventi
che possiamo chiamare miracolosi. Egli si sente salire in cielo, vede
le cose dall'alto, ha la sensazione di vedere a 360 gradi, ecc.
Questo fuoco viene trasmesso all'interno del corpo del giovane
sciamano, ed è grazie ad esso che lo sciamano è capace di "vedere‟
ciò che gli altri non vedono. È qualcosa di molto sentito
fisicamente dallo sciamano: cioè non è puramente spirituale, ma una
presenza reale che lo sciamano sente dentro il suo corpo, a volte
localizzata in certi punti come gli occhi o la gola o sotto
l'ombelico, a volte distribuita dappertutto. Grazie al qaumaneq, lo
sciamano riesce a vedere a distanza, nel buio, riesce a conoscere
eventi passati e futuri, i pensieri delle persone, ecc. Insomma tutto
ciò che significa "vedere‟ in senso proprio e in senso
metaforico.
Ma la
capacità più importante che lo sciamano riceve attraverso il
qaumaneq è quella di vedere le anime o i frammenti di anima che sono
state rubati.
Quand'è che si va a consultare uno
sciamano? In diverse occasioni, naturalmente. Soprattutto per una
guarigione, oppure per avere una buona caccia, o ancora per
propiziarsi il bel tempo, per eliminare la causa di una sterilità, e
altro. Secondo la cultura inuit qual è il motivo di una malattia?
Perché si è violato un tabù, si è fatto qualcosa che non si
doveva fare oppure non si è fatto qualcosa che si doveva fare. In
questo caso bisogna procedere ad un rito collettivo nel quale
l‟intera comunità ammette la propria mancanza, i propri sbagli,
attraverso una vera e propria confessione, che risulta tra l‟altro
dagli effetti sociali e psicologici liberatori. Un altro importante
motivo della malattia può essere, come si accennava prima, il furto
di un‟anima (o una parte di essa) da parte di un morto. In questo
caso invece lo sciamano dovrà intraprendere un viaggio sciamanico
per recuperare l'anima perduta e per riportarla alla sua sede
originaria. Il suo viaggio può essere diretto o verso il cielo o
verso le profondità marine, avvicinando dunque rispettivamente gli
dei sovrani di questi due regni: Sila e Takànakapsaluk. Sono queste
le due zone ritenute più importanti, più vitali, quindi più
cariche di sacro nella cultura inuit: il cielo con il suo sole o le
sue tempeste e il mare con i suoi animali così essenziali per la
vita degli inuit. A volte gli sciamani riferiscono dopo il loro
viaggio dove sono stati: abbiamo documentazioni anche di viaggi
atipici, nei quali gli sciamani raccontano di essere stati in luoghi
particolari come sopra un pianeta sconosciuto, o sulla luna o di aver
fatto il giro dell‟universo o di aver volato attorno tutta la
terra, ecc. Nel viaggio lo sciamano è capace di volare come un
volatile comune: spesso nella raffigurazioni iconografiche viene
raffigurato con le braccia tese come le ali di un uccello.
Poi è naturale che quando lo sciamano
deve recuperare un'anima rapita da un morto, egli dovrà far visita
ad uno dei regni dei morti. Questo viaggio avviene attraverso una
sorta di trance nella quale entra lo sciamano, il quale a sua volta
sembrerà un morto – in tutto il periodo del suo viaggio. La sua
anima prende il volo e il suo corpo rimane inanime. Ma prima di
rimanere come privo di vita, a volte il corpo si muove in modo
convulso, quasi in preda all'epilessia: è l'entrata, la
penetrazione dello sciamano negli abissi, che viene mimata
fisicamente: non è un caso che a volte per indicare lo sciamano si
parla di “colui che scende in fondo”. Vi sono tre regni dei morti
di solito. C'è il cielo, c'è una sede sotto terra e un‟altra
ancora a grandi profondità. Nel cielo e nella sede dei morti situata
nella profondità della terra, i morti passano un'esistenza serena
e prosperosa. In queste sedi l'andamento climatico è l'opposto
di quello sulla terra: quando è inverno da una parte, è estate
dall'altra e viceversa. Invece nella sede subito sotto la terra, i
morti scontano le mancanze e le colpe di cui si sono macchiati
durante la loro vita. È praticamente un inferno in cui l'esistenza
è grama, disperata e infelice.
I rituali che invece riguardano tutta
la comunità, come per esempio allarmanti problemi meteorologici,
necessitano la presenza di tutti, o di almeno una rappresentanza del
villaggio che viene ospitata all'interno di una capanna – spesso
la capanna dello sciamano – e che assiste alla drammatizzazione da
parte dello sciamano stesso della sua lotta contro gli spiriti
ostili. I presenti devono avere le cinture e i
lacci slegati, gli occhi chiusi. Prima lo sciamano sta in silenzio,
respira profondamente. Poi chiama gli spiriti ausiliari. Quando
arrivano, egli dichiara di avere aperto il varco. In questi veri e
propri spettacoli, lo sciamano si dimena, urla, canta, parla un
linguaggio sconosciuto, entra in estasi, cade in trance, cambia il
registro della voce, riferisce quello che gli sta capitando, gli
altri lo incitano, lo incoraggiano, "fanno il tifo‟ per lui. Lo
sciamano prima di questo rituale depone le sue vesti, e durante il
suo viaggio può capitare che esse prendano vita, che volino per la
capanna. Si sentono nel mentre respiri sconosciuti, che vengono
dall'altro mondo: a volte anime di sciamani defunti vengono ad
aiutare lo sciamano in viaggio.
Quando il suo viaggio è diretto verso
le profondità marine, per incontrare Takanakapsaluk, lo sciamano
trova ostruito il suo passaggio da tre grandi sassi a mezz'aria (o
meglio: a mezzo mare!) in movimento continuo. È un classico rito di
passaggio: lo sciamano deve superare questo ostacolo, con il rischio
di finire schiacciato tra i massi. Superati i massi, lo sciamano si
trova davanti alla casa di Takanakapsaluk; più lo sciamano sarà
inesperto, maggiori saranno gli ostacoli tra lui e la divinità
marina; più lo sciamano sarà esperto, più facile e diretta sarà
la via che lo condurrà a lei. I problemi vissuti dalla comunità
sono causati dalla collera di Takanakapsaluk. E la collera è
evidente dagli ostacoli che sono presenti nelle immediate vicinanze
della sua casa: un muro che si erge davanti alla sua porta, bestie
marine dentro ad uno stagno vicino al suo camino, trappole, ecc. C'è
anche il padre di Takanakapsaluk che cerca di bloccare lo sciamano,
scambiandolo per uno spirito morto. E poi lo si capisce dalla persona
stessa di Takanakapsaluk: è visibilmente infuriata, è sporca, è
trascurata, il suo sguardo è coperto dai suoi folti capelli. L'idea
soggiacente a questa rappresentazione è che gli errori degli uomini,
le loro infrazioni di tabù, i loro peccati, gli sbagli, incidono
sulla salute di Takanakapsaluk: è come se la facessero ammalare.
Allora lo sciamano dovrà curarla, dovrà accudirla, pettinarla,
anche coccolarla. Nel mentre egli fa presente alla dea i problemi
vissuti nella sua comunità. Citiamo ad esempio un dialogo registrato
da Rasmussen. Sciamano: “Gli uomini non hanno più foche da
mangiare”; dea: “Gli aborti fatti in segreto e le violazioni dei
tabù di quelli che mangiano carne bollita hanno chiuso la via agli
animali”. Lo sciamano cerca di imbonirsi la dea, la quale alla fine
apre lo stagno e lascia liberi gli animali. Poi lo sciamano torna dal
suo viaggio: il suo respiro si fa più affannato, è come se tornasse
dopo una lunga immersione. Poi silenzio. Poi lo sciamano chiede una
confessione dei peccati: ogni donna confessa i suoi aborti, ogni
persona le sue infrazioni di tabù, e ognuno si pente.
Ma a dire il vero, lo scopo dei viaggi
sciamanici non è solo ed esclusivamente quello di risolvere dei
problemi – individuali o collettivi. Lo sciamano intraprende i suoi
viaggi estatici anche quando non ci sono apparenti motivi. Perché?
Perché per lo sciamano il viaggio è spesso una sorta di droga, se
mi consentite di usare questo termine. Cioè nel viaggio, lo sciamano
trova la sua natura autentica: è certamente qualcosa di paradossale,
perché spesso e volentieri nei viaggi per risolvere problemi di
altri lo sciamano soffre, a volte rischia anche la vita. Tuttavia,
quando egli è solo e viaggia solo per il gusto di viaggiare, allora
trova piacere nell'accedere all'altro mondo. A quel mondo di cui
lui fa parte, in un certo senso. Cioè dopo l'iniziazione, lo sciamano
è più dell'altro mondo che di questo. E il suo bisogno è quello
di ritornare ad attingere a quell'altro mondo, per riceverne
potere, visioni, forza, rigenerazione.
Uno sciamano esperto riesce a viaggiare
in qualsiasi regione del cosmo. Egli spesso si fa legare alle braccia
e/o ai piedi per non venire trasportato anche corporalmente nel
viaggio. Deve essere solo l'anima a viaggiare, spesso sotto forma
di corpo eterico: il corpo fisico deve rimanere in questo mondo,
perché il rischio è che non si ritorni più. A volte vengono legati
dentro una tenda per potersi meglio isolare dal mondo esterno. E
spesso vengono invocati gli spiriti familiari, i quali aiutano lo
sciamano nel suo percorso estatico, fanno un po' da ciceroni nel
mondo degli spiriti. Sono solo gli spiriti crudeli e malvagi il
problema dello sciamano: essi sono così perché hanno vissuta una
vita intrisa di violazioni alle regole; con gli altri spiriti lo
sciamano inuit prende contatto volentieri: spiriti dei morti, spiriti
della natura, … Ognuno ha la sua peculiarità, la sua "specializzazione" e da ognuno lo sciamano può ricavare
qualcosa. Certo, ogni eschimese può avere protezione da un certo
spirito, ma è solo lo sciamano che può intrattenere con loro un
rapporto intimo, di incontro, di dialogo vero.
Poi, in ultimo, vorrei dire che nella
cultura inuit non c'è solo lo sciamano come intermediario per
dialogare con gli spiriti. Esiste anche il "qilaneq". Viene
utilizzato più che altro quando si ha a che fare con un malato (e
spesso lo usano le donne). Quest'ultimo lo si fa sedere a terra;
qualcuno in piedi gli regge la testa attraverso una cintura. Si
invocano gli spiriti e la loro presenza si fa manifesta attraverso la
pesantezza della testa. Poi si pongono delle domande: se la testa si
appesantisce nuovamente, la risposta è positiva; se si alleggerisce,
è negativa. A volte poi questo metodo viene usato dallo sciamano
stesso, però in questo caso lo sciamano non usa la testa, ma il
piede, il suo piede. Fa tutto da solo, avendo davanti a sé il
malato. È un metodo veloce che si usa quando ci sono problemi di
salute non troppo gravi, che non richiedano insomma il viaggio
sciamanico.
Nessun commento:
Posta un commento